'FAVOLACCE' di Fabio e Damiano D'Innocenzo |
E vissero per sempre infelici e
scontenti
di Maddalena Marinelli
“In ogni istante della nostra vita
abbiamo un piede nella favola e l’altro nell’abisso.” (Paulo
Coelho)
C’era
una volta un racconto dei racconti scritto sul diario di una bambina trovato casualmente
da un uomo.
La storia ci viene tramandata oralmente da una
voce che forse sta reinterpretando il tutto come in seguito farà chi, a sua
volta, sta ascoltando.
In
un ciclo continuo, ogni volta la vicenda cambierà e tornerà attraverso la parola
scritta, il racconto orale o il medium televisivo.
I
personaggi protranno essere degli sconosciuti, dei nostri vicini di casa o noi
stessi.
"Il film è ispirato ad una storia vera, la storia vera è ispirata ad una storia falsa, la storia falsa non è molto ispirata" (voce fuori campo di Favolacce)
"Il film è ispirato ad una storia vera, la storia vera è ispirata ad una storia falsa, la storia falsa non è molto ispirata" (voce fuori campo di Favolacce)
Apparentemente
sono pagine che descrivono le giornate di un quartiere di provincia che
scorrono monotonamente, quasi fuori dal tempo, tra pranzi, cene, feste, varie attività
estive.
La
vita di alcuni nuclei famigliari che abitano in ordinate villette a schiera.
I
protagonisti sono bambini in età preadolescenziale a confronto con genitori in età
prebestiale.
Giulia Melillo in 'Favolacce' |
Quell’atmosfera
favolisticamente sospesa, inizia a tingersi di nero.
Dennis
e Alessia devono subire gli scatti di improvvisa violenza del padre Bruno,
rabbioso verso tutto e tutti.
Viola
è l’unica figlia di una coppia incapace di esternare qualsiasi emozione, tranne la
mortificazione per ogni inadeguatezza della ragazzina per il rendimento
scolastico o perché non è ancora riuscita a prendersi il morbillo.
L’introverso
Geremia vive in un camper insieme ad un padre apparentemente affettuoso ma in
realtà ossessionato a plasmare il figlio a sua immagine e somiglianza.
I due sono sempre
alle prese con prove di virilità o banali sermoni, su come si affronta la
vita, a cui il bambino è costretto a sottostare per emulare le orme paterne.
Intorno
a questi tremendi microcosmi famigliari girano altri personaggi dalle esistenze
altrettanto catastrofiche come la giovane strafottente Vilma, con
quell’ingombrante pancione indesiderato di cui sembra assolutamente inconsapevole
o l’apparente innocuo professor Bernardini, con i suoi logorroici sproloqui
sullo stato dell’istruzione scolastica e della società odierna.
Ileana D'Ambra in 'Favolacce' |
Terribili
orrori si celano dietro ogni facciata perbenista.
La violenza sfrontata di Bruno Placido ha la stessa matrice della violenza pacatamente nascosta del terribile 'padre' di Miss Violence.
Due implacabili carnefici che chiusa la porta di casa scatenano ogni perversione corporale e psicologica sulla propria famiglia.
Favolacce, pur non arrivando ad incesti e pedofilia, è fortemente legato a Miss Violence nell'esprimere una società senza speranza, emotivamente ed eticamente distrutta, in balia di una dilagante violenza sistematica da infliggere sui più deboli.
La violenza sfrontata di Bruno Placido ha la stessa matrice della violenza pacatamente nascosta del terribile 'padre' di Miss Violence.
Due implacabili carnefici che chiusa la porta di casa scatenano ogni perversione corporale e psicologica sulla propria famiglia.
Favolacce, pur non arrivando ad incesti e pedofilia, è fortemente legato a Miss Violence nell'esprimere una società senza speranza, emotivamente ed eticamente distrutta, in balia di una dilagante violenza sistematica da infliggere sui più deboli.
Genitori
brutali, completamente anaffettivi che scaricano le loro frustrazioni su figli
che ormai vedono il mondo circostante come un luogo malsano da
annientare o da abbandonare.
Anche
nelle cosidette ‘favole classiche’ Hansel e Gretel, Buchettino, Cappuccetto
Rosso non è che se la passassero bene da soli contro streghe, orchi e lupi.
Figuriamoci
cosa devono affrontare e subire dei bambini in un film che si chiama Favolacce.
“Non esistono fiabe non
cruente. Tutte le fiabe provengono dalla profondità del sangue e
dell’angoscia.” (Franz Kafka)
Fanciulli braccati da lupi, lasciati soli nell’oscurità del bosco, intrappolati in alte
torri da cui nessuno verrà mai a salvarli.
La
via d’uscita bisogna cercarsela da soli, seguendo il dolce fatale suono di un
diabolico pifferaio che attuerà la sua vendetta.
Niente
fatine buone, fortunadraghi o stregoni bianchi pronti a salvarti.
Nessuna
bella addormentata si risveglierà.
Il
principe azzurro è solo un vigliacco buffone che racconta frottole anche a se
stesso.
Rapunzel
perderà tutti i suoi capelli.
Dorothy
non ci pensa proprio ad andarsene da Oz poiché a casa l’aspetta una famiglia da
incubo.
Peter
Pan non vuole crescere e gli piacerebbe brutalizzare Trilly.
Alice
è caduta nella tana degli orrori di un coniglio nero dai denti aguzzi.
Elio Germano in 'Favolacce' |
I
fratelli D’ Innocenzo hanno scritto e diretto questo film che ha vinto L’ Orso
d'Argento per la migliore sceneggiatura al Festival di Berlino e in Italia il Nastro d'Argento al miglior film confermandosi, dopo il loro primo lungometraggio La terra dell’abbastanza, come autentica nuova promessa del cinema
italiano.
Favolacce è
senza dubbio un'opera coraggiosa e insolitamente diversa.
Una
ricerca registica e una scrittura che sconfinano dal
solito sterile piattume in cui il cinema italiano è arenato da troppo tempo per
quanto riguarda soprattutto il ricambio generazionale.
I
due gemelli registi 'osano', sono menti iperattive, autodidatti appassionati cinefili,
plasmati soprattutto attraverso visioni di tantissimo cinema e molte buone
letture.
Infatti
Favolacce richiama atmosfere e idee dei più grandi maestri del cinema contemporaneo come Lanthimos, Avranas, Haneke, i
Coen, nonchè nostrano come Ettore Scola ma in particolar modo Garrone.
Una
periferia metafisica che oscilla tra NeoRealismo e Cinema Indipendente Americano
con sfumature burtoniane.
La
sfida posta ai fratelli D’Innocenzo si fa sempre più interessante e vedremo
come saranno in grado di proseguire e di sorprenderci.
Manca
ancora una marcatura registica forte e definita.
I
rimandi ad altri maestri sono interessanti ma non rielaborati a sufficienza
attraverso una personalità autoriale autonoma.
La
regia è sempre alla ricerca di inquadrature inusuali, fatte più per giocare o
stupire.
Si avverte ancora la mancanza di un vero controllo formale, di una costruzione visiva omogenea e significante.
Si avverte ancora la mancanza di un vero controllo formale, di una costruzione visiva omogenea e significante.
In
questo registi come Matteo Rovere, Sebastiano Riso, Alice Rohrwacher o Saverio
Costanzo si dimostrano più decisi.
Ma
i fratelli D’Innocenzo hanno follia, potenziale, entusiasmo e dedizione
moltiplicato per due.
Justin Korovkin e Giulia Melillo in 'Favolacce' |
In
Favolacce si sente un crescente e
opprimente stato di malessere che ti si appiccica addosso.
E’
la descrizione (sur)reale di una piccola borghesia dei nostri tempi abbrutita,
svuotata di certezze, valori e speranze a cui non è rimasta nemmeno la dignità.
Signori
e Signore ‘spregevolmente normali’ che vivono solo per ostentare, apparire e
possedere.
Adulti
assolutamente indegni di accudire dei bambini, rendendo arido e impossibile
qualsiasi terreno futuro per le nuove generazioni.
In
questa tragica visione distopica gli innocenti escono di scena e i colpevoli
restano illesi.
L’unico
innocente sopravvissuto è lasciato nelle mani dello spettatore invitato a continuarne la storia decidendone le sorti e
chissà se non sarà più, o continuerà ad essere una favolaccia.