domenica 28 settembre 2014

Il villaggio: mortifera coscienza collettiva




La comunità alla deriva mentale
di Maddalena Marinelli

“La follia è nei singoli qualcosa di raro ma nei gruppi, nei partiti, nei popoli, nelle epoche è la regola.”
(Friedrich Nietzsche, Al di là del bene e del male, 1886)

Cosa può accadere quando numerose menti si coalizzano in un perverso ideale collettivo?
La personalità individuale scompare, si crede in una realtà illusoria a cui tutti si convertono per distruggere un cosiddetto nemico.
Uomini senza più un volto. Come un contagio la ‘mente di gruppo’ prende dominio.
Una completa sottomissione della volontà, ed ecco crescere l’ardore spirituale del fanatismo al servizio di una causa: la violenza di strada, la demonizzazione e la persecuzione delle minoranze, lo zelotismo politico o religioso.
La folla diventa il più terribile dei carnefici, ‘il diverso’incarna mali e colpe che verranno riscattate immolando la sua carne.

"Rosemary's Baby" (1968) di Roman Polanski

Il complotto, la setta che si accanisce contro un’ignara vittima.
Celeberrimo esempio  la congrega malefica di Rosemary's Baby - Nastro rosso a New York che trama alle spalle della mogliettina color pastello emblema di quella società americana tradizionale e ingenua ricolma di ideali e speranze.
Dietro il perbenismo dell’alta borghesia newyorkése c’è puzza di zolfo.
Il progetto a cui si dedicano tanti simpatici ed educati vecchietti è quello di trovare una giovane ragazza per far nascere l’Anticristo.
L’innocente Rosemary, chiusa nelle sue illusioni infantili, non vede e non accetta la terribile verità fino a quando non  guarderà gli occhi diabolici del suo pargoletto. 
Quel suo mondo di mieloso candore sarà spazzato via per sempre.

"The Village" (2004) di M. Night Shyamalan

C’è chi gode all’idea di trasformare il creato in un luogo caotico e sanguinario e chi si prodiga per ricomporre una specie di 'eden' incontaminato dal male come gli anziani di The village. Un piccolo villaggio separato dal resto del mondo da un misterioso anello di bosco dove vivono mostruose creature innominabili che non amano gli sconfinamenti.
Preservando questa credenza nessuno osa andare oltre l’ignoto e chi ha dato vita a questo microcosmo incantato, per fuggire da una società violenta, diventa carceriere di tutti gli altri abitanti che vivono nell’incosapevolezza.
Un concentrato di stilemi delle favole più antiche che ci hanno appassionato e spaventato nell’infanzia.
L’illusione di un luogo immutabile. La paura come strumento di potere e controllo.

"Il nastro bianco" (2009) di Michael Haneke

L’apparente monotonia di una bucolica cittadina protestante tedesca viene turbata da terribili eventi. Nel film Il nastro bianco quelli che inizialmente si presentano come incidenti si riveleranno atti rigorosamente progettati. Orribili punizioni inflitte ad alcuni membri della cittadinanza. Una serie di omicidi, depravazioni, sevizie.
Nessuno trova né la ragione né i colpevoli. Solo una terribile intuizione.
Il distacco emotivo, l’annichilimento delle pulsioni, l’inflessibile  sistema educativo dei padri hanno raggelato e aberrato irrimediabilmente il cuore dei figli ossessionati  nel perseguire purezza e virtù lungo un percorso ormai  travisato.
I bambini ormai diventati branco, attraverso una sorta di gioco perverso, riproducono i meccanismi di sopraffazione del mondo adulto.
Dietro convenzioni ed omertà si nasconde il frutto deviante raccolto dai più giovani svezzati dagli anziani sul modello di autorità, sopruso, intolleranza, ed espiazione.
Una metafora, il germoglio della futura Germania nazista.

"Dogville" (2003) di Lars von Trier

E’ risaputo che nei piccoli paesi la vita è più tranquilla e le persone sono genuine, operose ed ospitali. Quando la fuggiasca Grace, bisognosa d’aiuto, arriva nella sperduta Dogville trova tutta brava gente pronta ad accoglierla nella piccola, povera ma dignitosa comunità. Aria buona, statuine di ceramica, crostate di frutta.
Questo delizioso paradiso si tramuterà in un sadico inferno.
Molto presto la luce del radioso paesello cambia, anzi, svanisce e le ombre nascoste dentro gli abitanti di Dogville sono pronte ad accanirsi sulla ‘creatura fuori posto’ nel peggiore dei modi, attraverso le umiliazioni e le violenze più crudeli innescando le dinamiche della segregazione, dell’esclusione, dell’abuso e del sopruso giustificati da un’etica depravata.
La sopraffazione collettiva, nei confronti del diverso,  si scatena nell’infliggere un supplizio condiviso.
Dopo tali vessazioni, avendone la possibilità, la vittima non esita a trasformarsi in angelo sterminatore. Senza Dogville il mondo sarà un posto migliore.
Grace ne è convinta mentre assiste e partecipa alla fredda esecuzione di un’intera comunità, bambini compresi. Siamo sicuri di conoscere e di saper distinguere così nettamente il bene dal male e di non essere capaci di compiere abominevoli atti?
Il cinema atrocemente indagatore di Lars von Trier, con i suoi estremismi, ci pone questi interrogativi ribaltando e ricreando i dogmi morali.

"La donna perfetta" (2004) di Frank Oz

E se per raddrizzare le storture della società utilizzassimo la scoperta tecnologica creando una collettività ideale? Nella pacifica Stepford di La donna perfetta le mogli sono tutte sorridenti casalinghe soddisfatte e gli uomini mariti serviti e riveriti.
Non esiste nessun dissidio o malessere.
Un’altra grande menzogna alimentata da uno scienziato/capovillaggio (che si scoprirà essere incredibilmente una donna) motivata da un folle ideale contro l’emancipazione femminile.

"Calvaire" (2004) di Fabrice Du Welz

Se a Stepford non mancano le donne l’oscura comunità rurale di Calvaire è formata esclusivamente da uomini rozzi e bestiali. Condotto da un’infida nebbia Marc finirà preda di Bartel e di un branco di stranissimi individui all’interno di un piccolo brutale universo in cui il genere femminile non sembra mai esistito. 
Gli animali hanno sostituito il ruolo delle mogli.
Tutti vivono nel ricordo di un’unica donna fuggita da molto tempo che per qualche bizzarro motivo identificano follemente  nel forestiero Marc, pensando che Gloria sia tornata a casa.
L’abbrutimento psichico causato da un profondo stato d’isolamento. 

"La comunidad" (2000) di Alex de la Iglesia

Lasciando boschi e montagne non è che in città la situazione migliori. Che ne pensate del lato oscuro di chi ci abita accanto?
Nella grottesca commedia La comunidad - Intrigo all'ultimo piano un condominio cova avidi mostri camuffati da affascinanti single, vecchie zitelle, nerds pervertiti.
Tutti con l’unico obiettivo di  mettere le mani sulla vincita al totocalcio di un povero pensionato morto blindato nel suo appartamento, terrorizzato dalle cattive intenzioni dei suoi vicini di casa. Quando l’agente immobiliare Julia s’impossessa del malloppo inizierà un vero e proprio linciaggio. Impossibile scappare dal malefico fabbricato.

"La quinta stagione" (2012) di Peter Brosens e Jessica Woodworth

Homo homini lupus e natura che si ribella, con risvolti apocalittici, in La quinta stagione , fiaba cupa e surreale in cui una piccola collettività agreste rimane bloccata in un inverno senza fine.
Le api scompaiono, le mucche non danno più latte e la terra non germoglia.
Quando la ragione vacilla, la fame dilania, la paura non trova più sfogo ecco affidarsi a riti e superstizioni distorti dall’arroganza e dalla violenza della natura umana.
La setta alla ricerca del capro espiatorio che ovviamente sarà identificato nello straniero da sacrificare affinché la sventura si allontani.
Indossando delle maschere, per  alienarsi dalla propria coscienza, ormai si muovono all’unisono quando lo trascinano sulla collina per bruciarlo sul rogo.
Lo sfacelo più grande è sempre quello occultato dentro di noi.