MAD NEWS
THE SQUARE |
Arte e vita sull’orlo
del baratro
di Maddalena Marinelli
“Che cos’è l’arte? Se
vediamo l’arte come qualcosa di isolato, di sacro e di separato da tutto,
significa che non è vita. Mentre l’arte deve essere parte della vita, deve
essere di tutti.” (Marina Abramović,
Attraversare i muri, 2016)
Innegabile
la distanza, l’incomprensione, lo
scetticismo o addirittura l’odio provato dalla maggior parte della gente nei
confronti dell’Arte Contemporanea.
Si
apprezza l’Arte Classica, il Rinascimento, magari l’Ottocento, forse anche le Avanguardie
ma per quanto riguarda l’Arte Contemporanea si scivola nel solito buco nero. “Non lo capisco”,“Ero capace pure io”,
“Questo non è arte”
Pensando
alla maggior parte della vacuità prodotta oggi da pseudo artisti e curatori non
si hanno nemmeno tutti i torti.
Ultimamente
ci sono davvero un sacco di buoni motivi per avvalorare l’inconsistenza dell’odierna
produzione artistica e quest’arte ‘disonesta’ e fasulla non fa che aumentare le
distanze con il pubblico.
Vince
il talento, la professionalità, l’intuizione di un artista o l’idea
accattivante, la facile provocazione, ‘la trovata’, il prodotto confezionato ad
arte?
L’arte
è roba da ricchi? Ovvero, nel sistema dell’arte se la cantano e se la suonano
esclusivamente quelli che fanno parte di una classe economica privilegiata e
chi non ne fa parte è tagliato fuori?
E
cosa più preoccupante: Siamo ancora in grado di riconoscere un talento? E
secondo quali parametri e stabiliti da chi?
Dove
trovare l’arte che rappresenta il mondo contemporaneo? Ha ancora senso cercarla
nei musei, nelle gallerie, negli eventi?
In
giro dettano legge assessori, critici, curatori, direttori museali
completamente assuefatti a procedure selettive aberranti.
Spietato,
amaro, criptico ma veritiero nella descrizione di un sistema dell’arte chiuso
in se stesso, triste e decadente The
Square deride molti personaggi e luoghi comuni di questo settore nonché
l’opera d’arte stessa ridotta ad un prodotto vuoto, privo di coscienza e di
pensiero.
Quello
che il regista svedese Östlund propone è
l’incontro tra arte contemporanea e cinema d'autore in una satira che può
essere letta su più livelli.
C’è
l’algido mondo all’interno del museo con
i suoi meccanismi autoreferenziali, in cui si muovono gli addetti ai lavori tra
curatori, critici, artisti, PR, custodi nonché apparizioni buñueliane dell’alta
borghesia svedese interessata più ai buffet e alle cene di gala che alle opere
d’arte.
Terry Notary nel film The Square |
Questa
impettita classe agiata verrà sconvolta da un performer impazzito, nella sequenza
più intensa ed emblematica del film, che uscirà dall’atto performativo (o
uscirà fuori di testa) per invadere la realtà e colpire il pubblico.
C’è
poi il mondo fuori dal museo in cui la crisi economica e i contrasti tra le diverse
etnie ha portato all’aumento della criminalità, discrepanza tra le classi
sociali e una crescente diffidenza nei rapporti umani.
‘Nel 2008 è stata
creata per la prima volta in Svezia un’area residenziale privata e chiusa
all’esterno, a cui solo i proprietari possono accedere. È solo uno dei molti
segni del fatto che le società europee stanno diventando sempre più
individualistiche, via via che il debito pubblico cresce, la spesa sociale
diminuisce e le differenze tra ricchi e poveri si allargano sempre di più.
Anche in Svezia, un tempo considerata la società più egualitaria al mondo, la
crescente disoccupazione e la paura del futuro hanno spinto le persone a
diffidare degli altri e della società stessa.’
(Ruben
Östlund, note di regia)
Östlund
in Svevia, Yorgos Lanthimos in Grecia, Cristian Mungiu e Peter Călin Netzer in Romania stanno
tracciando un vero e proprio trattato sociologico visivo sui cambiamenti
morali, civili, economici dell’Europa odierna evidenziando le conseguenze della
crisi economica, dei cambiamenti di regimi politici, dei flussi migratori.
Il
risultato è un ritratto raccapricciante, smarrito e disumano della nostra società
tra paure, violenza e opportunismo.
The Square
è un film meravigliosamente cervellotico. Provoca disagio, quasi un fastidio
fisico.
Sfiora
più volte l’imminente tragedia.
Glaciale,
frammentario, faticoso, surreale.
Snervante
come la goccia che cade sempre nello stesso punto. Lentamente scava e
distrugge.
I
personaggi sono volutamente odiosi e compiono atti molto discutibili a cominciare
dal protagonista, il curatore Christian che dietro la sua avvenenza e il suo
carisma nasconde insicurezze infantili e pochezza d’animo, mostrando quasi
sempre un comportamento insensato.
The Square di Ruben Östlund |
Il
perno centrale fisico e concettuale del film è un’opera dal titolo The Square, lavoro di un’artista
argentina che il museo ha comprato e sta per inaugurare, installata nello
stesso luogo dove è stato smantellato un monumento equestre dell'ancien régime.
Si
tratta di un quadrato delimitato da un perimetro luminoso con accanto questa
scritta: "Un santuario di fiducia e
altruismo, al suo interno tutti condividiamo uguali diritti e doveri".
Un
invito a ritrovare un coinvolgimento, un’ apertura verso gli altri ma allo
stesso tempo se dentro al quadrato si delimita altruismo e fratellanza, vuol
dire che al suo esterno si convalida il caos, la violenza e l’odio.
Non
a caso tutto quello che accadrà è
l’opposto di quello che vuole esprimere ‘il quadrato’.
Arte
e vita si respingono, si fondono o si confondono in una serie di parabole
apparentemente slegate tra loro.
Il
film, come un’opera d’arte contemporanea, si completa attraverso le diverse interpretazioni
degli spettatori che possono arrivare oltre le intenzioni dell’autore.
Östlund
dosa tutto attraverso una rigorosa regia che spesso sfocia nel grottesco
strappando molte risate ma un drammatico senso di dispersione avanza come uno tsunami.
In
una Stoccolma in cui dilaga indifferenza e solipsismo l’opera del museo
fallisce, insieme ad artisti e curatori, perché vuota e disonesta, lontana
dalla vita e incapace di essere di tutti.