sabato 9 aprile 2016

MAD MOVIES PARADE 4 (CLASSICI B/N)



Dieci film 'classici b/n' sull'alienazione mentale
di Maddalena Marinelli


L’impacciato Norman passa le sue giornate tra la gestione di un motel e la passione per la tassidermia. Ogni volta che Norman prova attrazione sessuale nei confronti di una donna, si scatena in lui un incontrollabile istinto omicida che ha radici nel morboso rapporto con la madre.
Tratto dall’omonimo romanzo del 1959 di Robert Bloch, la più celebre tra le opere del maestro del brivido, basato sulle reali vicende del serial killer Ed Gein che tra il 1947 e 1957, uccise due persone in Wisconsin, decorando la casa con i resti delle sue vittime.
Una doppia personalità come unico possibile equilibrio.
Norman Bates è diventato un'icona tra le più importanti del genere horror, nonché l’ispiratore di molti altri noti psicopatici del grande schermo come Frank di Maniac, Mark Lewis di Peeping Tom o Francis Dolarhyde di Red Dragon.
La schizofrenia scinde la personalità di Norman in due voci e in due menti che convivono in un unico corpo alternandosi ogni volta che s’innesca quel preciso richiamo ad un trauma infantile mai superato.

Un giornalista si cala, per esigenze lavorative, nella condizione di malato mentale facendosi ricoverare in una clinica psichiatrica. Il suo scopo è quello di svelare il colpevole di un omicidio per conquistare fama e stima, nonché la possibilità di ottenere il premio Pulitzer ma ci saranno imprevedibili conseguenze sulla sua psiche.
Quel quotidiano contatto con i pazienti e i medici lentamente lo logoreranno. 
Il manicomio visto come un grande palcoscenico. Le patologie trasformano i pazienti in bizzarri personaggi che si esprimono con lunghi e articolati monologhi teatrali, tra momenti di lucidità e fantasmagorici deliri. Samuel Fuller con spietata freddezza, senza alcun fronzolo, trasporta lo spettatore in un imprevedibile androne infernale. 
Nessun interesse ad un' indagine sulle condizioni che viveva in quegli anni il malato mentale in una struttura psichiatrica, solo il proposito di usare, come inquietante scenario del suo thriller manicomio e malati, per tracciare un percorso di angoscia e metamorfosi del protagonista.

Una giovane ma alquanto inibita governante accetta l’incarico di accudire due deliziosi bambini che vivono isolati in una grande casa lontana dal mondo che appartiene ad un facoltoso zio, completamente assente, desideroso di delegare ogni responsabilità e decisioni, riguardanti i suoi indesiderati nipoti, a qualcun altro.
Miss Giddens dovrà confrontarsi con strani avvenimenti tra il paranormale e la deviazione mentale. E’ tutto frutto della sua incalzante paranoia oppure qualcosa, una malefica entità, minaccia l’innocenza dei suoi protetti?
Un film velatamente sofisticato che affronta il mistero con un limpidissimo e rigoroso linguaggio estetico. La visione scorre serenamente come ascoltassimo una musica da carillon che ogni tanto si inceppa su segnali perturbanti.
Tutto costruito sulle sinistre  atmosfere dell’antica magione, la grande interpretazione di Debora Kerr e l’ipnotica ambiguità dei piccoli Miles e Flora.
Per gli appassionati di Giro di vite da tener presente anche il più torbido The Nightcomers (1972)  liberamente ispirato ai personaggi del romanzo di Henry James. Una sorta di ipotetico prequel. Racconta i fatti avvenuti prima dell'arrivo di Miss Giddens e soprattutto come il giardiniere e la governante abbiano "corrotto" i giovani Miles e Flora fino a tirar fuori una coppia di fratellini davvero diabolica.
Peter Quint e Miss Jessel, con la loro sadica storia d’amore, alimentano la crudeltà che Miles e Flora nascondono dietro l’alibi dell’innocenza.
In seguito, dopo le loro strane dipartite, gli spiriti dei due amanti è come se volessero possedere i corpi e le anime dei bambini per tornare a vivere.
Un altro famoso e imperdibile film ispirato, rielaborato sulle vicende di Giro di vite è The Others (2001) di Alejandro Amenabar. 


Un flautato racconto, una tenera amicizia tratto dal libro omonimo dello psichiatra e scrittore Theodore Isaac Rubin.
David è affetto da afefobia e oppresso da un' incontrollabile paura della morte; Lisa è affetta da sdoppiamento di personalità. I due giovani si conoscono in una clinica psichiatrica e subito stabiliscono uno specialissimo legame, fatto di un linguaggio tutto loro. La speranza di un miglioramento o di una guarigione grazie all’incontro con un'altra persona.
Una riflessione sulla diversità. L’incomprensione e l’allontanamento verso il malato mentale, considerato una vergogna e un peso persino dalla propria famiglia. L’importanza di trovare la strada giusta, quella luce inaspettata che può tirarci fuori dal buio.

Due anziane sorelle legate da un rapporto sadico e morboso che precipiterà nella follia. Jane Hudson sembra la più malefica con la sua ossessione ad un impossibile ritorno a quell’infanzia in cui era la famosa bambina prodigio Baby Jane. 
La paralitica Blanche Hudson solo apparentemente è la povera vittima delle sevizie della crudele Jane che per tutta la vita non sarà nulla di più di una marionetta. 
La scimmietta ammaestrata da un padre esaltato per i guadagni ottenuti dalla sua preziosa enfant prodige. 
L’ambigua Blanche era riuscita ad avere la sua rivincita, da quell’infanzia oscurata dalla viziata e osannata Baby Jane, diventando in età adulta una grande attrice ma un incidente stronca la sua carriera legandola per sempre alla sorella badante/carceriera. Lontane dal mondo, entrambe segregate nella loro sfarzosa villa hollywoodiana, le due sorelle arriveranno alla resa dei conti.
Quasi completamente ambientato in un interno; spiccano le capacità interpretative di Bette Davis e Joan Crawford che costruiscono i personaggi delle due sorelle su una straordinaria mimica facciale. Si sovrappongono, giocano con le voci, caricano l’espressione fino al limite del tragico e del grottesco.  Certamente Bette Davis riesce a volare più in alto della sua rivale e co-protagonista creando la figura di una memorabile psicopatica tra tenerezza, compassione e spietata crudeltà.
Una macabra parabola che scopre il lato oscuro del divismo, quando le luci della ribalta si spengono.

Virginia è finita in un ospedale psichiatrico in preda ad una perdita di memoria seguita da crisi isteriche. Un vaso rotto da ricomporre giorno dopo giorno, grazie all’aiuto di un illuminato psichiatra convinto che l’unica possibilità per curare Virginia sia la psicoterapia. La donna tra miglioramenti e ricadute riesce a risalire alle cause del suo trauma e ad avere una speranza di guarigione.
La fossa dei serpenti, che dà il titolo al film, era un luogo gremito di serpenti in cui, nell'antichità, venivano abbandonati gli alienati, perché si pensava che mettendo un pazzo in un luogo che avrebbe fatto impazzire un sano, il pazzo sarebbe guarito. 
Una tematica davvero insolita da trattare per il cinema hollywoodiano dell’epoca. Tramite lo sguardo della protagonista attraversiamo i vari reparti.  
Gironi danteschi che si differenziano in numeri secondo il grado di malattia delle ricoverate. 
L’ossessiva importanza delle porte che separano i luoghi e delimitano i confini tra malati e sani, tra il dentro e il fuori. La superficiale brutalità di medici e infermiere, seguaci di barbari trattamenti completamente inutili e umilianti per i degenti. 
La cruda descrizione delle cure psichiatriche adottate in quegli anni. 
Nonostante si perda in un finale aulico e pleonastico il film gode della coinvolgente interpretazione di Olivia de Havilland e di una regia convenzionale ma allo stesso tempo perspicace.

“La follia non potrebbe essere in fondo solo infelicità?..”
Vincent è un ragazzo taciturno e tormentato, reduce dalla guerra.
La sua sensibilità e la voglia di essere d’aiuto agli altri lo porta a trovare lavoro in un istituto psichiatrico dove conoscerà l’ammaliante Lilith. Una creatura eterea che nasconde un potere seduttivo/distruttivo per chiunque ne cada preda. 
Questa sembra la strana patologia di Lilith, dai medici considerata con poche speranze di guarigione. Ingenuamente Vincent pensa di poterla salvare ma alla fine sarà lui stesso che dovrà chiedere di essere salvato dalle pericolose conseguenze dell’amore per Lilith e dai tormenti di traumi trascorsi che ormai non possono più essere ignorati.
Lilith vuole donare amore a tutti ma i suoi comportamenti sono ai limiti della ninfomania. Una bella fatina che vive nel suo mondo incantato. Distrugge chiunque cada nella sua meravigliosa tela e non può adeguarsi alla sua 'particolare' idea di felicità.
Vuole ammaliare tutti con la sua polverina dorata ed è incapace di amare veramente.
Poetico e struggente, l’ultimo film di Rossen, più famoso per aver diretto Lo Spaccone o Mambo con la nostra Silvana Mangano. 
Nessun interesse a raccontare o documentare la vita, le pratiche quotidiane di un manicomio che infatti preferisce infiocchettare in una specie di lussuosa residenza di campagna, dove tutto è pulito e ordinato. 
L'amore visto come beffarda illusione. Un desiderio di rivincita infranto. La giovinezza come tormento, delusione, caduta oscura.

Cecilia, accecata dalla passione, sposa un uomo avvolto dal mistero.
Condotta presso la sua magione scopre che l’aitante architetto, ha riprodotto in casa delle camere dove si sono consumati famosi delitti. A questo punto la donna, per vederci chiaro, vuole aprire la porta di quell’unica camera che il marito tiene segreta.
D’ispirazione hitchcockiana; chiari i riferimenti a Io ti salverò e in particolar modo a Rebecca, la prima moglie.
Suspense ed accuratezza scenica. Personaggi che appaiono nella casa come fantasmi, e sembrano vivere unicamente all’interno delle stanze che si perdono l’una nell’altra.
L’inquietante che trasuda dal luogo che Lang rende protagonista quanto gli attori.

Dopo una serrata corte che non accetta rifiuto, Gloria sposa Francisco che dopo poco tempo dimostra impulsi feticisti, manie di persecuzione e gelosia morbosa rendendo la vita della donna un inferno. L’apparato borghese ossia la madre, il prete, gli amici non vogliono credere alla donna che rischia di essere torturata e uccisa dal marito che ormai non può più controllare il suo stato psichico deviato.
Tratto dal romanzo autobiografico di Mercedes Pinto. Una denuncia sull’ipocrisia e l’incomprensione del contesto sociale che la donna aveva vissuto come vittima di violenze da parte del marito.
Tra i film più importanti del ventennio messicano di Bunuel in cui compaiono molti riferimenti biografici. Un impianto classico da melò hollywoodiano che nasconde un andamento documentaristico dove non mancano fratture, picchi e naturalmente richiami morbosi.

Il giovane psichiatra MacLeod  tenta di opporsi ai metodi violenti e repressivi applicati in un ospedale psichiatrico.  
L’attenzione si concentra sul reparto femminile tenuto sotto il pugno di ferro della capo-infermiera Lucrezia Terry, antesignana della temibile Mildred Ratched di Qualcuno volò sul nido del cuculo.
Da una parte la crudezza di pratiche retrogradi e umilianti per le pazienti, dall’altra parte metodi più umani e innovativi. La violenza come sistema terapeutico: la camicia di forza, la camera d’isolamento, l’ elettroshock, i bagni caldi e gelati. 
Atti di prevaricazione, punizioni piuttosto che cure o percorsi terapeutici per un rinserimento nel mondo esterno. Una lotta tra quelli che vogliono mantenere alto il muro tra malato mentale e il resto del mondo e coloro che vogliono abbatterlo.