domenica 15 settembre 2019

LA FINE DEL MONDO #7: Le realtà alternative di Hereditary e Midsommar


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Incubi e nevrosi dell’era contemporanea
di Maddalena Marinelli


“Volenti o nolenti l’abbandono ci introduce, dal primo momento in cui lo subiamo, in una terra desolata che non conoscevamo, ci fa ascoltare un timbro inedito della disperazione e della fatica dell’esistere e del desiderare.” (Emanuele Trevi)

Il rifiuto della maternità, la codipendenza, l’elaborazione di un lutto.
Quel vuoto d’amore da colmare; un’apocalisse affettiva che scava e annichilisce dentro di noi.
Sappiamo davvero chi siamo?
C’è un limite a quello che si può sopportare e una volta superato, cosa siamo capaci di fare?
Odio, rancore, rabbia possono affiorare improvvisamente, senza più nessun controllo.
Il teatro dell’orrore come metafora catartica delle complesse dinamiche dei rapporti umani.
Ari Aster, partendo da un suo vissuto personale, trasmuta in ‘horror movie’ emozioni, scelte, conseguenze che l'essere umano deve affrontare a causa del dolore per un abbandono. 
Esplode la 'dysfunctional family'.
Come in Lanthimos la famiglia non rappresenta un posto sicuro dove trovare accoglienza o sostegno ma è un piccolo inferno perverso; un regno del male che genera distorsioni.
Come in Eggers il nucleo familiare diventa un terreno di guerra in cui non esiste coesione. Ognuno pensa a se stesso, ci si accusa reciprocamente fino al disfacimento.

"Hereditary" (2018) di Ari Aster

In Hereditary i segreti di una famiglia, l’incomunicabilità, l’indesiderata maternità, la perdita innaturale di un figlio, sfociano nella realtà alternativa della setta satanica adoratrice del demone Re Paimon che attende un corpo umano maschile da possedere per essere attivo nel nostro mondo e convertirlo al male.
Una maledizione che segna l’esistenza di una dinastia prescelta, perseguitata da patti demoniaci, morti violente, malattia mentale.
Un male che esorta a farlo entrare o a farlo uscire?
Un male che vuole impossessarsi del nostro corpo umano oppure è già dentro di noi nascosto da molto tempo?

"Midsommar" (2019) di Ari Aster

In Midsommar un insostenibile lutto, un rapporto di coppia ormai logorato,  l' insana dipendenza tra due persone si riversa in Hårga, un immaginario e misterico villaggio della Svezia settentrionale dove si vive a stretto contatto con la natura e la collettività, seguendo arcaiche tradizioni e riti pagani che prevedono senicidio, torture come quella dell’aquila di sangue, riti orgiastici di fertilità e per finire sacrifici umani.
Un mondo difforme in cui azioni considerate proibite e malvagie sono consentite, anzi sono sacre e servono a preservare il bene comune.
In questa ‘fantasia orrorifica’, nel tempio sacrificale avviene la ricerca di una purificazione, di una via d’uscita dalla sofferenza.
La liberazione da rapporti affettivi malati.
Morte o Rinascita? Questo è il filo conduttore del cinema di Ari Aster il nuovo astro nascente, insieme a Jordan Peele e Robert Eggers di un genere horror riportato ad una dimensione e ad una analisi più complessa e stratificata.


Dakota Johnson in "Suspiria" (2018) di Luca Guadagnino

Quest’anno ha dato un grande contributo ed ispirazione, in tal senso, anche il Suspiria di Guadagnino; una grande danza che trasuda speciali umori, un’opera caleindoscopica con molte chiavi di lettura, dove perdersi e ritrovarsi in tutte le mostruosità del passato e del presente.
Le streghe del ‘nuovo’ Suspiria nascondono un' essenza complessa; assumono una posizione politica, migrano in corpi, producono arte, non rappresentano necessariamente il male ma un moto di trasmutazione verso un mondo in cui ciclicamente si alternano creazione e distruzione.
Il bene e il male non occupano mai posti ben definiti ma si sovrappongono, ci ingannano, ci cambiano, mettendo a dura prova il nostro libero arbitrio.
Qualcosa di nuovo si fa strada. Ed ecco l’horror che si eleva a ben oltre il solito  jump scare per farci semplicemente paura o disgustarci con lo splatter.

"L'horror non è solo 'er film de paura', ma una costruzione visuale e visionaria" 
(Michele Soavi)

"Midsommar" di Ari Aster

Ari Aster scende nel nostro vero profondo orrore che diventa un  monito del nostro vivere quotidiano.
Adotta una regia totalmente immersiva in cui trascinare lo spettatore e farlo entrare visceralmente nella vicenda, nell’ atmosfera perturbante che ci rimane addosso anche dopo la fine del film.
Un giovane regista carico di idee, colto ed esteta; amante del dettaglio significante e feticista, delle simbologie, delle piccole inpercettibili sfumature, del disturbante grottesco.
I suoi riferimenti sono molteplici. Nel cuore c’è Bergman al secondo posto Kubrick ma anche Jodorowsky, Polanski e Argento.
Le sue citazioni passano veloci e velate ma assolutamente precise e contestualizzate.
C’è tecnica, padronanza e personalità registica che va oltre il genere trattato.
Un autore col grande talento di riuscire ogni volta a compiere il piccolo miracolo di far precipitare lo spettatore nel buco nero del suo/nostro regno oscuro, creando un fantastico trip collettivo.


"Hereditary" (2018) di Ari Aster

Entriamo nella lugubre casa di Hereditary inalando tutta la sua mestizia. 
Osserviamo le sinistre dinamiche della famiglia Graham. 
Li seguiamo nelle loro azioni quotidiane che si consumano nel solipsismo e in alcune strambe abitudini.
Varchiamo la porta di tutte le oscure stanze che si susseguono, per scovare, in ogni angolo, in ogni minuzia, i macabri segreti che hanno segnato e manipolato la vita di ogni personaggio/fantoccio.
Ci espandiamo nella luce di Midsommar in cui l'orrore e la violenza non si nascondono nell'oscurità ma si compiono in spazi aperti, alla luce del sole per concludersi nel dissolvimento etereo del fuoco che devasta, annienta e depura per aprirsi ad una nuova dimensione di se stessi.