Carneficine
di Maddalena Marinelli
Il corpo (post)umano come punto di vista, punto di partenza, punto di rottura.
Luogo di contatto e di separazione tra il sé e il mondo.
David Cronenberg, Roman Polanski e William Friedkin sono i tre maestri
del perturbante che attraverso il loro cinema hanno esplorato e sezionato la
nostra realtà, ricomponendola in una visione metafisica.
Loro sanno cosa
ci spaventa dando un volto a quel buio nascosto dietro l’angolo delle nostre
strade, delle nostre case, della nostra mente.
Una discesa
nell’abisso della psiche da cui riemergono ricordi, dolori, traumi mai
affrontati incarnati da una serie di emblematici personaggi.
Reinventori di
tragedie in chiave moderna, si sono confrontati con tutti i generi cinematografici.
Rigorosi e
visionari nella loro ormai lunga carriera che percorre tutto il Novecento, il
secolo della carneficina, hanno affrontato tutti i peggiori incubi che arrivano
dall’uomo e quei pochi che provengono dal sovrannaturale.
Polanski rimane
il più celebrale, poco incline a membra sanguinolente e a crude manifestazioni
fisiche dell’orrore mentre gli altri due, spesso e volentieri, insistono sulla
mattanza.
La carne ferita da dove Cronenberg fa sgorgare tutto il suo mondo putrescente e mutageno.
La carne ferita da dove Cronenberg fa sgorgare tutto il suo mondo putrescente e mutageno.
“Apre nuovi
orifizi dove prima non c’erano..”, come direbbe il Marchese De Sade.
"The Exorcist" di William Friedkin (1973) |
Tramite il supplizio del corpo si consuma
“l’orrore visibile” come in quello di Regan deformato e martirizzato dalla
possessione ne L’esorcista o fatto a
pezzi dal serial killer di Crusing e
ancora ferito, scarnificato e infine condannato a bruciare dalla follia di
Peter Evans in Bug – La paranoia è
contagiosa.
Ed è sempre il
corpo il punto d’incontro tra orrore psicologico e orrore fisico. Conduttore di
infezioni, mutazioni in Il demone sotto
la pelle, di sevizie autoprodotte in Crash,
di ossessioni e depravazioni mediche in Inseparabili.
Il corpo come
ultima, tangibile visione in cui si possono materializzare gli incubi del nostro
inconscio.
Trasformare l’esile e sottomessa Carole Ledoux in feroce killer nel film Repulsion, nascondere nei volti di premurosi vicini degli adepti di Satana in cerca di un utero per far nascere l’anticristo in Rosemary's Baby, invertire la vittima in carnefice come in La morte e la fanciulla.
Trasformare l’esile e sottomessa Carole Ledoux in feroce killer nel film Repulsion, nascondere nei volti di premurosi vicini degli adepti di Satana in cerca di un utero per far nascere l’anticristo in Rosemary's Baby, invertire la vittima in carnefice come in La morte e la fanciulla.
"Death and the Maiden" di Roman Polanski (1994) |
Negato alla macchina da presa e lasciato alla nostra immaginazione è
“l’orrore invisibile” quello che non può essere svelato, quello a cui viene
respinta ogni immagine rimanendo informe per sempre. Fa molta più
paura il male che non si vede?
In Polanski manca il primo piano del piccolo anticristo nella culla e
le terribili sevizie e gli abusi subiti da Paulina Lorca Escobar ci vengono
solo raccontate attraverso l’ intenso monologo della protagonista.
Quindi resta molto spesso il dubbio che il vero malessere, la vera
persecuzione sia tutta nella nostra mente e, come nell’ Inquilino del terzo piano, fuori non esista nessun complotto.
Friedkin ci mostra la bruttura fisica e psichica del male tramite un
corpo posseduto, ma non ci farà mai vedere il vero volto del demonio.
Come in Bug non vedremo mai nessun primo piano di insetti nè fuori nè sotto la pelle, ma la suggestione è talmente incalzante, congegnata bene dalla regia e dai due attori (Ashley Judd e Michael Shannon) che la paranoia potrebbe contagiare anche gli spettatori e indurre a qualche grattatina o a scorgere minuscole, quasi impercettibili, svolazzanti apparizioni fuori dallo schermo.
Come in Bug non vedremo mai nessun primo piano di insetti nè fuori nè sotto la pelle, ma la suggestione è talmente incalzante, congegnata bene dalla regia e dai due attori (Ashley Judd e Michael Shannon) che la paranoia potrebbe contagiare anche gli spettatori e indurre a qualche grattatina o a scorgere minuscole, quasi impercettibili, svolazzanti apparizioni fuori dallo schermo.
Il seme della
follia è letale, contagioso e senza limiti creativi, la materia filmica si è
molto nutrita di psicosi diventando spazio privilegiato di paure, fantasmi
collettivi, traumi irrisolti.
Per quanto riguarda Cronenberg, in effetti, è davvero difficile che
lasci qualche crudeltà, raccapriccio e mostruosità all’invisibile.
Il suo cinema è debordante di idee visive destabilizzanti, oggetti e innesti che sfociano, al di fuori del film, nella pura creazione artistica.
Il suo cinema è debordante di idee visive destabilizzanti, oggetti e innesti che sfociano, al di fuori del film, nella pura creazione artistica.
"Eastern Promises" di David Cronenberg (2007) |
Tuttavia negli
ultimi anni sembra aver accantonato il “body horror” e il suo sadomasochistico
visionarismo per scenari più classici e narrativamente più verosimili di
smaliante realismo ma forse ancora, celatamente, più inquietanti perché in A History of violence e Eastern Promises l’orrore e
la violenza trasudano dietro padri di famiglia, normalità quotidiana e piccole
faide di mafia urbana, dove c’è sempre qualcuno che fugge da se stesso per
diventare un altro.
Un orrore casalingo travestito e insospettabile molto più vicino a noi
rispetto a stravaganti epidemie, esperimenti di teletrasporto o innesti tra
uomo e macchina.
La ricerca del
male porta inevitabilmente ad un’analisi dell’interiorità umana che la maggior
parte delle volte, nei film dei tre registi, compare ferita, devastata,
moralmente ambigua, irrimediabilmente compromessa, destinata ad amori
impossibili e malati come in Inseparabili,
Luna di Fiele o Bug.
Anche l’atto
sessuale è spesso qualcosa di brutale, oscuro, come fosse generatore di morte e
non di vita, rito iniziatico verso la caduta.
L’oscurità dal
corpo dei personaggi si riflette nei luoghi che diventano trappole misteriose e
spettrali.
Interni
claustofobici in Polanski, gelidi
ambienti urbani in Friedkin e asettici spazi ospedalieri in Cronenberg.
Assolutamenti
devoti a Kafka e alle sue parole:
“ Una vera opera d’arte non è tale quando ci insegna, quando ci fa divertire o rilassare ma quando ci scuote, ci fa precipitare nel buio, ci fa riflettere, ci fa male”.
“ Una vera opera d’arte non è tale quando ci insegna, quando ci fa divertire o rilassare ma quando ci scuote, ci fa precipitare nel buio, ci fa riflettere, ci fa male”.
L’altra fonte
d’ispirazione artistica e tecnica, punto di riferimento comune da cui trarre
lezioni di cinema e varie lucubrazioni da riesaminare è Alfred Hitchcock, nominato spesso in particolar modo da Friedkin.
"Dead Ringers" di David Cronenberg (1988) |
Le sue classiche tematiche vengono riconsiderate: il doppio tanto
ricorrente soprattutto in Cronenberg che arriva alla sua massima espressione
nei gemelli Elliot e Beverly Mantle di Inseparabili;
la figura femminile oscillante tra indole ingenua e indole seduttrice
protagonista favorita da Polanski; la suspence trasmessa attraverso il lavoro
sull’immagine, gli accorgimenti tecnici, i ritmi del montaggio e la cura del
sonoro in Friedkin.
Una
sfilza di ambigui personaggi che in società indossano una maschera, facendo finta di essere molto integri celando la loro identità depravata.
"Barbablù consegna la chiave a sua moglie" illustrazione di Gustave Dorè (1862) |
Inutile, il male suscita quell’attrattiva che il bene proprio non
possiede e per l’uomo sembra congenito scovarlo. Quando
Barbablù porta a casa l’ultima moglie dicendogli che nel castello può andare
dove vuole tranne in quell’unica cameretta chiusa a chiave, naturalmente quello
sarà l’unico posto dove lei farà di tutto per entrare, scoprendo la macabra
stanza/mattatoio in cui sono custoditi, affissi lungo le pareti, tutti i
corpi scannati delle precedenti sei mogli. Il corpo come fulcro di punizione per l'affermazione di potere e controllo.