domenica 17 febbraio 2013

"I giorni del cielo", di Terrence Malick




La perdita dell'anima

di Maddalena Marinelli


La storia di una rivincita sociale, destinata al fallimento, sullo sfondo di un'America rurale povera ma luminosa di vitale disperata energia.
Chicago inizio Novecento. La voce fuoricampo di una bambina ci racconta, a suo modo,la cronaca dei fatti che la vedono protagonista. Le immagini scorrono sul degrado e la miseria nelle strade della città.
Bill, Abby e Linda decidono di partire verso le piantagioni del Texas dove a contatto con la natura tutto sembra più libero e pulito. Questo sconfinamento contro il limite è solo un'illusione visiva nei giorni che si ripetono uguali scanditi dal duro lavoro in mezzo alla polvere e alle continue umiliazioni.
Quando il padrone s'innamora di Abby il suo amante Bill pensa di sfruttare la situazione spingendola a sposarlo."Ricordati della vita di merda che hai fatto. E' giusto fare qualcosa per cambiarla" dice Bill quando Abby si mostra indecisa, anche se sarà una breve esitazione.
Il piano si attuerà ma per precipitare nella tragedia finale che sembra preannunciata dall'invasione delle cavallette che divorano e distruggono il raccolto.
I personaggi di Terrence Malick sono portatori di disfatta, disperazione e solitudine, sempre esposti ad uno sguardo asettico, privando lo spettatore di ogni elemento per poterli colpevolizzare.
Interiormente prosciugati, agiscono solo le pulsioni primarie: amore, crudeltà, gelosia, rabbia,violenza lasciandole scorrere istintivamente fino alle estreme conseguenze.
Infine rimane la morte come per Bill o la disumanizzazione come per Abby che per sopravvivere si farà scivolare tutto addosso. Linda, la bambina, resterà la testimone che subisce una vita sfortunata e le scelte degli adulti.
Il rapporto con la natura è una forte presenza in tutti i film del regista, fino quasi allo sconfinamento nel documentario naturalistico, soffermardosi sui cambiamenti ambientali e sul dettaglio realistico.Questo diventerà uno dei motivi di lenta gestazione delle sue opere cinematografiche.

Un'esperienza in cui si addentra anche Roman Polanski che nel 1978 si stabilisce in Francia per realizzare Tess. Le riprese dureranno nove mesi per poter seguire le metamorfosi del paesaggio durante il susseguirsi delle stagioni.
Un film concettualmente molto vicino a Days of Heaven nonostante la diversità della trama. Ritroviamo miseria e bellezza del mondo rurale, il tentativo di una rivalsa sociale che anche qui fallisce, la solitudine, la perdita dell'amore, l'atto distruttivo finale.
Diversamente da Herzog, che si interessa ad una natura estrema e selvaggia che sovrasta e sfugge ad ogni regola, Malick ne descrive l'impassibilità al dramma umano; una natura che scandisce il passare del tempo di un "vivere e basta" ma anche simbolo di rifiuto, ribellione, allontanamento dalle delusioni della vita materiale, confronto utopistico con l'infinito che invece di portare ad una scoperta dell'anima conduce alla sua perdita. Scena ricorrente è l'uomo braccato come un animale.
Arriviamo così al fantasma che si nasconde dietro all'opera di Malick: l'evocazione sotterranea di quella zona d'ombra di violenza e sangue consumata proprio in quegli spazi bellissimi e sconfinati per creare una Nazione ma con la perdita della sua anima. Un tema che affronterà direttamente nel 2005 col film The New World.