lunedì 8 marzo 2021

MEMENTO MORI #2: 'BELLA ADDORMENTATA', di Marco Bellocchio


BELLA ADDORMENTATA (2012) di Marco Bellocchio


Italia svegliati!
di Maddalena Marinelli

Questa non è una favola. 
Non basta un bacio per ridestarsi dal narcoma dell’anima. 
Molto andrebbe rianimato mentre ad altro si dovrebbe porre fine.
Veniamo rintronati da ideologie etiche, politiche, religiose vuote come spot pubblicitari, ripetuti all’infinito, finendo per credere in qualcosa che non ci rappresenta.  
I protagonisti di Bella Addormentata sono in fuga cercano, a loro modo, una via d’uscita da una menzogna che si sono creati per arginare un dolore.
Nessuno si trova dove vorrebbe essere. 
Tutti fuggono dal ruolo assegnatosi/gli e dagli ideali che dovrebbero rappresentare: Politica, Religione, Libertà. 

Alba Rohrwacher in 'Bella addormentata'

Il Senatore Uliano deve fare il politico,  ma l’unica cosa  a cui pensa ripetutamente è come recuperare il difficile rapporto con la figlia. 
Sua figlia Maria, attivista del movimento della vita, deve andare ad Udine per manifestare davanti alla clinica in cui verrà tolto il sondino dell’alimentazione forzata ad Eluana Englaro ma quando s’innamora di Roberto sembra improvvisamente distrarsi e fugge dai cortei per correre dietro all’amore.  
La Divina Madre si è trasformata in una fanatica religiosa nella convinzione che questa fede, seppure così ostentata, possa servire a miracolare la sua bambina da anni in coma vegetativo. 
In realtà Divina si prende in giro, vorrebbe tornare ad essere una grande attrice e nel sonno i personaggi che ha interpretato la tormentano richiamandola al palcoscenico. 
La tossicodipendente Rossa addirittura scappa dalla vita, desiderando solo la morte.

Isabelle Huppert in 'Bella addormentata'

Fughe e risvegli esortati da parole semplici ma fulminanti: 
“Libertà!”, “Aiutami”, “Lasciami morire”, “Più forte!”, “Svegliati Eluana!” che irrompono al di sopra delle immagini;  sembrano rivolte a noi spettatori per risvegliarci dallo stesso film e dalla comoda poltrona che occupiamo. 
Profonde apnee tra lunghe implosioni e folgoranti esplosioni. 
Gesti isterici ed estremi come pungoli affondano nella carne, non sembrano appartenere alla sceneggiatura ma uscire, per brevi intermittenze, fuori dallo schermo.
Un bicchiere d’acqua buttato in faccia, uno schiaffo. 
Quell’atto di alzare con violenza  le coperte dai corpi dei ricoverati in ospedale. 
Un po’ come togliere quei famosi lenzuoli bianchi da sopra tutti i nostri morti ammazzati per non accettare il silenzio, l’omertà, le verità nascoste. 
Il cinema di Marco Bellocchio non manca mai di essere un potente monito sulla nostra società e sulla nostra storia, oltre ad entrare nella sfera più intima come i rapporti d’incomunicabilità tra padri e figli. 
La famiglia, microcosmo esiliato alla perpetua deriva, con la solita doppia faccia bellocchiana crudeltà/pietà.
Quel disperato e violento desiderio di essere compresi ed amati. 
Un padre che rincorre la figlia, un figlio che con prepotenza rivuole accanto una madre.
Un film sugli impulsi umani che sono al di sopra delle ideologie.

Pier Giorgio Bellocchio e Maya Sansa in 'Bella addormentata'

E’ un atto umano fermare una persona che si vuole suicidare cercando d’impedirlo, spiega il giovane dottore alla ragazza che vuole togliersi la vita. 
Come è umano aiutare un malato terminale che ti supplica di voler morire, ed è il caso del marito che decide di compiere la volontà della moglie dando fine alla sua agonia.
Tutto gira intorno alle diverse posizioni di chi crede nell’attesa contro chi invece ritiene l’attesa inutile e addirittura ignobile. 
Il regista non nasconde la sua opinione personale  ma  rimane al di sopra delle parti, limitandosi ad analizzare oggettivamente tutti i punti di vista e le diverse motivazioni. 
La libertà di scelta, la libertà di coscienza, il rispetto.
“Non condivido la tua idea, ma darei la vita perché tu la possa esprimere” diceva Voltaire.
Il principio dell’autodeterminazione; ognuno dovrebbe essere libero di scegliere per la propria vita anche se in questa scelta c’è da chiedersi quanto e con che peso di responsabilità possano influire le altre persone. 
Quanto la nostra libertà si possa trasformare in prevaricazione, invasione e violenza sulla vita degli altri. 
E’ giusto o brutale trasformare un dramma privato in un caso politico?
Bella Addormentata accende tutti questi interrogativi dimostrando la capacità di sfiorare con sottigliezza diverse tematiche rimosse  da una società spenta, assopita che pare incapace di reagire. 
Una frecciata viene data anche al nostro governo. 
Una politica che esiste solo come passerella mediatica/messianica che parla con invadenza e superficialità del caso Englaro dai televisori lasciati accesi di sottofondo sul procedere delle tre storie che costituiscono il film.  

Toni Servillo e Roberto Herlitzka in 'Bella addormentata'

Politici che si aggirano come zombie smarriti e disperati attraverso le stanze e i corridoi del Senato. 
Disciolgono i loro corpi nel vapore di una sauna in attesa di votare secondo l’imposizione di un partito o di essere riesumati da una chiamata per partecipare ad un programma televisivo.
Un tassello di una crisi politica che va ad unirsi al tassello di una crisi religiosa affrontata nel film di Moretti Habemus Papam in cui  il capo della Chiesa appena eletto non se la sente, non vuole essere il Pontefice come Uliano Beffardi non vuole più essere un Senatore. 
I ruoli del potere decadono e vengono disertati, privati di significato davanti ad un popolo che prima o poi dovrà ritornare ad incidere non potendosi più permettere di attendere in questa indifferenza sociale.
Tornare a scoprire la vita, ritrovare gli affetti o allontanarsene per riuscire ad affermare la propria identità, accettare un aiuto da chi ce lo offre, ascoltare le ragioni degli altri.
Queste le evoluzioni o involuzioni compiute in Bella Addormentata in un atmosfera plumbea che fatica a rischiararsi.
Il film seziona l’anatomia del dolore procedendo in modo determinato, arrivando ai punti di rottura di finzioni ormai insostenibili.
I contenuti ad un certo punto sembrano sbriciolarsi nell’intreccio delle tre storie senza raggiungere un vero compimento. 
L’opera filmica non trova piena soddisfazione neanche tramite una decisa eloquenza delle immagini compiutasi appieno in Vincere o in Buongiorno Notte evidenziando l’unicità di Bellocchio di andare oltre il film, lasciare che la visione esploda in pura arte, imprevedibile poesia. 
Uscire ed entrare dalla finzione filmica, giocare fuori e dentro il personaggio. Confondere e riordinare fino a sintetizzare in un’inquadratura, in un’immagine, in uno sguardo, l’intera complessità di una vicenda storica o di un dramma umano in una perturbante alternanza  tra dimensione reale e onirica. 

Maya Sansa in 'Bella addormentata' di Marco Bellocchio

L’urgenza sperimentale di Sorelle Mai sembra essere stata messa da parte. 
Inoltre la scelta di un cast così altisonante risulta immotivata, sovrastante e dispersiva.
Presentato  in concorso alla 69esima Mostra di Venezia applaudito per 16 minuti dal pubblico ma ignorato nel palmarès.
Il punto è che Bella Addormentata porta dentro di sè un intento, una forza che va aldilà della completa riuscita del film, di un giudizio puramente cinematografico o del capire che gradino occupa rispetto ai lavori precedenti del regista.
Risveglia il confronto con i nostri valori più intimi ed essenziali scattando una doverosa, necessaria istantanea sulla situazione sociale e politica del nostro Paese.
Come ha detto Beppino Englaro è un grido alla libertà, un film importante perché solo i cittadini hanno il potere di cambiare le cose.
Dopo tanto dolore, dopo il compiersi delle scelte, dopo la conclusione mediatica della storia di Eluana, nel finale c’è un’apertura verso l’amore che infondo è quel principio nascosto, il quinto elemento che cambia il modo di vedere le cose innestando  nuove pulsioni alla vita.
“Temere l'amore è temere la vita, e chi teme la vita è già morto per tre quarti”.                                                               (Bertrand Russell)