mercoledì 26 gennaio 2022

'È STATA LA MANO DI DIO', di Paolo Sorrentino

 

E' STATA LA MANO DI DIO di Paolo Sorrentino


Vedi Napoli e poi vivi
 di Maddalena Marinelli

“A Napoli ognuno vive in una inebriata dimenticanza di sé. Accade lo stesso anche per me. Mi riconosco appena e mi sembra di essere del tutto un altro uomo. Ieri pensavo: O eri folle prima, o lo sei adesso” (J. W.Goethe)
 
L' abbraccio del piano sequenza su Partenope che si adagia sul golfo.
O’ tiempo a Napoli è irregolare, scorre a modo suo e ti confonde.
Passato, presente e futuro restano sospesi in un limbo incantato.
Anzitutto il passato. L’amarcord di Fabietto Schisa, ovvero l’adolescenza romanzata di Paolo Sorrentino nella Napoli degli anni '80 
In Fabietto c'è anche l'innocenza di un giovane Gep Gambardella destinato alla sensibilità e quella timida inquietudine stralunata dell' Elio di Chiamami col tuo nome che incerto ma audace procede nelle sue esplorazioni.
La famiglia, gli amici, l’amore, i riti di passaggio, l’abbandono; cosa ne sarà di me?
Il carrozzone dei parenti/freaks che sembrano degli allegri burloni ma invece sono tristi, rabbiosi. Sull'orlo della disperazione ognuno nasconde il suo dramma personale, ognuno scannerebbe quello che a tavola gli sta seduto accanto.

Filippo Scotti, Teresa Saponangelo, Marlon Joubert, Toni Servillo in 'E' stata la mano di Dio'

I genitori che quando siamo piccoli vediamo irreprensibili ed eterni e che invece non lo sono.
Possono sbagliare e possono andarsene all’improvviso.
Quando avviene perdi una parte di te e acquisisci una parte di loro, un lascito spirituale.
Non sarai mai più un figlio e ti rimarrà addosso uno smarrimento esistenziale.
Fellini ma forse più Troisi, il mito artistico che si manifesta come nume tutelare e un Capuano molto ‘concreto’ che nella mistica Piscina Mirabilis cazzia Fabietto esortandolo a cercare 'il conflitto' e gli ripete il monito: “Non ti disunire!”; ovvero restare fedele a tutto quello che nel bene e nel male ha fatto parte della sua crescita e trarne forza creativa. 
Non sottrarsi al dolore accettando un facile oblio ma accoglierlo ed elaborarlo altrimenti il Fabio/Paolo, futuro regista, non avrà mai nulla di valido da raccontare.
Maradona, il mito calcistico visto come l’arrivo del Messia che finalmente condurrà il popolo napoletano alla gloria, oltre a determinare la sorte del protagonista.
Panacea di tutti i mali. Maradona fa dimenticare agli Schisa e a tutti i napoletani le amarezze da ingoiare ogni giorno. 
La durezza della vita si dissolve magicamente nel sogno collettivo della vittoria di uno scudetto. E' l'illusione del riscatto, l'evasione da un presente deludente, quel filtro dorato per vedere la vita un po' più bella e concedersi una speranza.
“Maradona ha rappresentato per Napoli qualcosa di molto importante: è stato il riscatto, il vanto della città. Quello che ha fatto lui a Napoli lo hanno fatto solo i Borboni e Masaniello.” (Pino Daniele)
La realtà è scadente quindi si fugge nella superstizione, nel sogno erotico, nella magia del cinema, in un' eterna adolescenza, nel fascino dell'illecito, in un bagno, nella fede calcistica.
Il suo futuro Fabietto ancora non riesce a vederlo o non vuole più vederlo, dopo quel terribile  strappo ricevuto dalla vita.

Toni Servillo, Teresa Saponangelo, Filippo Scotti in 'E' stata la mano di Dio'

Sorrentino ha voglia di evolvere e per questo nuovo inizio decide di condividere il suo vissuto emotivo, la sua visione impossibile, cercando di limitare gli orpelli tecnici ed estetici e di elaborare con più efficacia i suoi cari riferimenti felliniani.
Tutto questo è considerevole e rappresenta un atto importante per se stesso e per la sua carriera.
Ma Pinocchio non ce la fa proprio ad essere un bambino vero. 
Manca di autenticità anche quando si dichiara autentico.
Difficile mettersi a nudo, difficile liberarsi da un cinema disumano e onanistico, sovraccarico di così tanti e inutili simulacri.
Ed è ancora fumo negli occhi color Sorrentino e tutto sembra così speciale e commovente ma è solo l’illusione di un bravo burattinaio che spernacchia sul pubblico tronfio del suo operato sapientemente fasullo.
Nella ricerca formale non vi è alcun male a patto che ci sia un senso, una profondità celata e in Sorrentino questo accade ad intermittenza.
Sicuramente brillanti concetti ben definiti, perfettamente mirati  a colpire attraverso un’ articolata costruzione visiva.
Con pochi tratti metafisici il regista partenopeo è abilissimo nell’inquadrare un soggetto, una comunità, uno stato sociale, un’epoca avvicendando commedia a tragedia.
Le maschere sorrentiniane rappresentano solitudini, fallimenti esistenziali, pulsioni oscure, follie prorompenti.
Manca un senso di compiutezza. Tutto rimane frammentato e molti di questi frammenti sono superflui.
Picchi e discese. 
Film che funzionano a metà, tante scene ‘eccessive’ spacciate per altissime metafore, dialoghi farciti di frasi ad effetto che riecheggiano come vuote profezie.

Filippo Scotti e Ciro Capano in 'E' stata la mano di Dio'

Ostentazione inflazionata del corpo femminile che continua ad essere riproposto ogni volta attraverso un' attrice designata a scene di nudo integrale.
Ma cos’è questo continuo sbavare davanti ad un bel corpo di donna? 
Una citazione a Tinto Brass? Un omaggio alla commedia sexy all'italiana?
Il contrabbandiere Armando si fa lascivamente lavare nella vasca da bagno dalla procace sorella.
Fabietto desidera la zia e ha il suo primo rapporto sessuale con una donna che potrebbe essere la sua bisnonna. 
Un’altra grande metafora? Perché questo ‘famolo strano’ dal sapore incestuoso, questa inutile sordida scena  quando si poteva concepire altro per creare la scossa che farà uscire fuori dalla stasi del dolore il protagonista. 
Pensare sempre alla visione più improbabile per attirare l’attenzione, disorientare lo spettatore  con l’inaspettato nonsense.
In E' stata la mano di Dio si percepisce tutta l’indecisione tra il seguire una comunicazione visiva più vera o far detonare epifanie.
Si opta per una tediosa alternanza che danneggia soprattutto la seconda parte del film.
Sorrentino è più vero e lungimirante da monaciello dispettoso, quando persevera con l’illusione che quando affronta una narrazione reale, poichè finge anche dicendo la verità.