Dieci film ‘inediti’ sullo squilibrio mentale
di Maddalena Marinelli
Avevamo
già sentito parlare di vendere l’anima al diavolo ma qui si tratta di farsela
estrarre, congelare o addirittura sostituire.
Paul
Giamatti, nei panni di se stesso, deve interpretare zio Vanya ma paure e
tormenti lo bloccano così si affida ad una strana agenzia specializzata
nell’asportare e conservare le anime offrendo alle persone una vita più
sopportabile, senza dolori e preoccupazioni.
Ogni
anima sradicata dal corpo assume una fattezza specifica.
Quella
di Giamatti ha la sconfortante forma di un minuscolo cecio che finirà disperso
in un traffico di anime dall’ America alla Russia.
Un' illuminata interpretazione di Giamatti in un film fatto a sua misura.
Una
gradevole commedia surreale che si allinea alle stesse riflessioni di altre
brillanti opere filmiche come Being John
Malkovich o Eternal Sunshine of the
Spotless Mind.
Il
voler cambiare se stessi o eliminare magicamente ogni dolore crea soltanto una
mostruosa alienazione.
Folgorante,
psichedelico, scalcagnato, trapanante manifesto del cinema ferrariano.
Tra
horror, denuncia sociale e compulsiva follia registica Driller Killer racchiude in sé tutto il mondo
bituminoso di Abel Ferrara e le molteplici lucubrazioni sul marciume sociale
che circonda le nostre esistenze.
Uno
sfogo omicida, un artista che si trasforma in un serial killer metropolitano
prediligendo come arma un trapano con cui sterminare i senzatetto della città.
Una
folle danza macabra rockettara. Film maledetto e censurato, non approdato mai
nelle sale cinematografiche italiane.
Va
ricordato che esiste un dvd edito da RaroVideo uscito nel 2006.
Simon
è un ragazzo timido e remissivo. Si muove mestamente in un mondo, dai
paradossi e grigiori kafkiani, come se fosse invisibile a tutti.
A
sconvolgere la sua grama esistenza arriva James, il gemello diverso.
James
è un sosia caratterialmente opposto a Simon.
Irrompe
con la sua spavalderia ottenendo tutto quello che vuole.
Giorno
dopo giorno cercherà di cancellare Simon prendendo il suo posto.
Ma
esiste davvero o si tratta di una proiezione della psiche?
La
materializzazione del doppio, vendicatore di ogni sopruso.
Ispirato
all'omonimo romanzo di Fëdor Dostoevskij, The
double richiama, in qualche modo, le atmosfere rarefatte e nichiliste di Eraserhead nonché lo spirito orwelliano
rimanendo troppo chiuso nella forma e poco sviluppato nel contenuto.
Un
mondo diventato glaciale in cui l’uomo svanisce da un oppressivo sistema che
spartanamente annienta i più deboli.
Young-goon
crede di essere un cyborg e rifiuta il cibo per paura di
rompersi mentre Park Il-sun ha paura di svanire dal mondo. Entrambi sono
ricoverati in un ospedale psichiatrico che diventa il surreale scenario della
loro storia d’amore.
Pop-romantico,
ludico e onirico I’m a cyborg, but that’s
ok è sul pianeta opposto del conosciutissimo Old Boy che ha reso tanto celebre Park Chan-wook in occidente.
Il
regista ci porta all’interno della realtà distorta dei pazienti della clinica attraverso
un impianto visivo rigorosamente studiato ma soffice e spumoso.
Un
bel carico d’inventiva che non delude, l’altra faccia di un cineasta tra i più
interessanti in circolazione.
La
psichiatra Jane Morton è chiamata a curare Dorothy, una giovane babysitter che
ha tentato di strangolare un neonato. Scoprirà che la ragazza è affetta dal
disturbo della personalità multipla.
Ad
alimentare le turbe psichiche o demoniache di Dorothy sono i membri del
villaggio in cui è cresciuta per mantenere un contatto con i propri figli morti
in un misterioso incidente.
Tra
thriller psicologico e ghost story con al centro le perversioni e i segreti di
una piccola comunità fuori dal mondo.
Da
sottolineare l’interpretazione della giovane attrice protagonista Jenn Murray che riesce a sostenere
egregiamente questo personaggio multiplo variando voce e mimica facciale.
Basato
sulla storia vera di Frankie Murdock, una donna affetta da personalità multiple
che combatte per rimanere se stessa e non cedere al suo alter ego razzista.
La
bella Frankie lavora in un locale come spogliarellista.
Un
trauma vissuto in passato ha provocato un crollo psichico e l’insediamento di altre
personalità che inaspettatamente prendono il sopravvento sconvolgendo la sua
vita.
In
lei, oltre alla sua, convivono: Genius, un ragazzino di sette anni, e Alice,
una razzista bianca degli Stati del sud. Soprattutto con quest’ultima, la donna
lotta duramente per non farsi sopraffare. La situazione rischia di precipitare
ma c’è una speranza di guarigione quando si apre la strada della dialettica medico/paziente.
Il
film è basato sulla graphic novel di Daniel Schaffer.
In
una realtà distopicamente dark si ambienta la storia di una giovane donna alle
prese con la sua distruttiva malattia mentale.
I
medici la curano usando una macchina sperimentale ideata per eliminare le
personalità multiple. “L’incenerimento siamese” dovrebbe annientare tutti gli
ospiti che si affollano nella testa di Suki ma se eliminasse anche la sua vera
personalità?
La
ragazza si ritrova a vivere nella Juniper Tower, praticamente la torre di babele della follia.
I suoi inquilini esprimono liberamente la propria alienazione ma
misteriosamente muoiono come mosche, si pensa, buttandosi dalle finestre ma in
realtà non si tratta di suicidi.
Uno
strano pasticciaccio di cose già viste ma con un climax coinvolgente.
Remake
del film di Richard Franklin modernizzato e banalizzato rispetto
all’originale.
Patrick
è in coma ma è molto più sveglio di quello che sembra.
La
sua mente è viva e maligna. Anche trovandosi in uno stato vegetativo, grazie a
poteri di telecinesi, Patrick riesce a muovere oggetti, a controllare i flussi
di energia elettrica oppure a penetrare nelle menti delle persone manipolandole
come desidera. La possessività nei confronti dell’infermiera Kathy scatenerà la
violenza di Patrick nei confronti di coloro che percepisce come una minaccia.
Tre
figli tenuti reclusi dai loro genitori in una grande casa isolata dal resto del
mondo. Non esistono nomi solo Madre, Padre, Figlio, Figlia Maggiore, Figlia
Minore.
E’
proibito avere qualsiasi contatto o contaminazione con l’esterno di cui si è
creata un’immagine distorta e terrorizzante. Le giornate si susseguono tra
regole, punizioni e premi. I tre fratelli vengono allevati come dei cani
obbedienti pensando che il nemico più terribile e letale che esista sia il
gatto. La loro coscienza viene annientata, la percezione della realtà e dei
contatti umani o dell’amore è completamente travisata e raggelata.
Questo
assurdo stato di isolamento e la completa anaffettività di genitori/carcerieri,
convinti di proteggere la loro prole dai pericoli esterni,sviluppa nei figli
una velata violenza che si manifesta nel loro particolarissimo ‘sistema di
giochi’.
Se
non è possibile cambiare il mondo è possibile avere un controllo solo su una
piccola porzione creando un minuscolo regno plasmato secondo leggi proprie ma
tutto questo quale conseguenze determina?
Dogtooth
si allinea al cinema di Michael Haneke e al recente Miss
Violence di Alexandros Avranas. Quando l’orrore è dietro l’angolo, all’interno
delle famiglie, nascosto in rituali e comportamenti apparentemente normali.
Frank
Zito è un restauratore di manichini. Vive in simbiosi con queste silenziose,
immobili, perfette creature.
Il
ragazzo in realtà è un serial killer che ha trasformato lo scantinato in una galleria
degli orrori in cui i suoi amati manichini vengono ornati da chiome direttamente
rimosse dalle teste di donne che Frank uccide barbaramente dopo averle
pedinate. Nell’immaginario del ragazzo gli scalpi animano le sue emaciate
bambole che resteranno con lui per sempre costituendo il suo perfetto universo
femminile. Interessante ed originale remake dell’horror cult del 1980 diretto
da William Lustig. Girato quasi interamente in soggettiva, vediamo il mondo
attraverso gli occhi dello psicopatico protagonista, un Elijah Wood che compare
solo in fugaci momenti riflesso sulle superfici specchianti e nella scena
finale.
Un
film estremamente coinvolgente e stilisticamente ben congeniato che riesce a
creare una buona simmetria tra la realtà e il mondo distorto del protagonista
proponendo un finale non usuale ma emblematico.