sabato 13 luglio 2019

INGMAR BERGMAN: L'uomo e le sue stanze oscure



Persona o Anima?
di Maddalena Marinelli


Il regista dei turbamenti esistenziali che insinua e non risolve lasciando questa materia detonante sospesa tra due fulcri.
Da una parte il senso della vita retto sulla preservazione dell’amore.
Dall’altra parte la perdita del significato che apre il vuoto dell’anima e alimenta la disperazione, l’impossibilità di controllare gli eventi, l’afflizione per il sogno infranto dalla realtà.

"Luci d' Inverno" (1963) di Ingmar Bergman

Un susseguirsi incalzante di sofferti legami di famiglia, ricerca del divino, crisi artistiche, continue nascite e morti che costellano le storie dei suoi film.
Il cinema di Bergman non dà tregua è un grande affresco cinematografico di tutte le angosce, le paure e i vuoti spirituali dell’uomo del ventesimo secolo.
Oggi riesaminando i suoi film sembra di veder scorrere l’enciclopedia del cinema tanto è stata la sua influenza sulle generazioni successive di cineasti.
Senza allievi in patria ma con tanti sparsi nel mondo. Ha indicato nuove vie.
Allo stesso tempo ci si rende conto dell’assoluta mancanza di empatia con lo spettatore e del suo raggelante distacco col pubblico.
Cinema bellissimo, intenso ma intoccabile e solipsista.
Mantiene le distanze,  l’accesso totale è riservato esclusivamente al suo autore.
Come un bambino viziato Bergman si tiene stretto il suo bel gioco della lanterna magica tutto per sé. 

"Come in uno specchio" (1961) di Ingmar Bergman

In una fusione tra arte e vita era stato risucchiato dalla sua creazione artistica attingendo soggetti per i film dalle sue esperienze personali e vivendo permanentemente dentro un set sull’isola di Faro (isola Bergman) che aveva trasformato nel suo microcosmo familiare/lavorativo: "In realtà, io vivo sempre nel mio sogno, e ogni tanto faccio una visita alla realtà" scrisse nella sua autobiografia Lanterna Magica del 1997.
Un cinema debordante di parola perchè Bergman prima di tutto è drammaturgo, predicatore di parabole umane visceralmente legato al teatro ma anche grande e raffinato scandagliatore del linguaggio cinematografico nonchè sostenitore di quello televisivo.
Col teatro l’affinità elettiva: “Continuerò a lavorare con il teatro finchè saranno obbligati a farmi uscire con i piedi davanti e la testa dietro”.
Il cinema come veicolo su cui possono viaggiare ed essere divulgati i sogni, le visioni, le idee.
La televisione un mezzo penetrante da studiare e con cui tentare nuovi esperimenti.
Nell’arco di più di quarant’anni di carriera un avvicendarsi di mogli, figli, esaurimenti nervosi, problemi fiscali, crisi creative e isolamenti.

"Sinfonia d' Autunno" (1978) di Ingmar Bergman

Nel mentre nascevano, uno dopo l’altro, anche i suoi capolavori come Il settimo sigillo e Il posto delle fragole tra quelli rimasti impressi nella memoria collettiva.
La trilogia del silenzio di Dio formata da Come in uno specchio, Luci d’inverno e Il silenzio. La sperimentazione, il gusto dell’immagine, il film sul film, la lotta interiore tra l’essere e l’apparire ma anche premonizione sull’era dell’incominicabilità in Persona, considerato dallo stesso Bergman il punto massimo a cui poteva arrivare.
Le allucinazioni e il viaggio nell’inconscio in L’ora del lupo che sfiora il genere horror.
La crisi di coppia, il rapporto tra i due sessi nel verbosissimo e interminabile dialogo di Scene da un matrimonio.

"Fanny e Alexander" (1982) di Ingmar Bergman

I sofferti legami di sangue tra madre e figlia in Sinfonia d’Autunno o l’immersione nei ricordi d’infanzia in Fanny e Alexander tra figure reali e ideali della sua vita.
I personaggi sono fantasmi della memoria. La casa di Alexander è la ricostruzione minuziosa della villa di Uppsala dove Bergman trascorse la fanciullezza. Il film in cui immortala più chiaramente l’austera figura paterna che gli creò turbamenti e sofferenze per tutta la vita.

"Il settimo sigillo" (1957) di Ingmar Bergman


“Film come sogni, film come musica. Nessun'arte passa la nostra coscienza come il cinema, che va diretto alle nostre sensazioni, fino nel profondo, nelle stanze scure della nostra anima.” ( Ingmar Bergman)