Persona o Anima?
di Maddalena Marinelli
Il
regista dei turbamenti esistenziali che insinua e non risolve lasciando questa
materia detonante sospesa tra due fulcri.
Da
una parte il senso della vita retto sulla preservazione dell’amore.
Dall’altra
parte la perdita del significato che apre il vuoto dell’anima e alimenta la disperazione,
l’impossibilità di controllare gli eventi, l’afflizione per il sogno infranto
dalla realtà.
"Luci d' Inverno" (1963) di Ingmar Bergman |
Un
susseguirsi incalzante di sofferti legami di famiglia, ricerca del divino,
crisi artistiche, continue nascite e morti che costellano le storie dei suoi
film.
Il
cinema di Bergman non dà tregua è un grande affresco cinematografico di tutte
le angosce, le paure e i vuoti spirituali dell’uomo del ventesimo secolo.
Oggi
riesaminando i suoi film sembra di veder scorrere l’enciclopedia del cinema
tanto è stata la sua influenza sulle generazioni successive di cineasti.
Senza
allievi in patria ma con tanti sparsi nel mondo. Ha indicato nuove vie.
Allo
stesso tempo ci si rende conto dell’assoluta mancanza di empatia con lo
spettatore e del suo raggelante distacco col pubblico.
Cinema
bellissimo, intenso ma intoccabile e solipsista.
Mantiene
le distanze, l’accesso totale è
riservato esclusivamente al suo autore.
Come
un bambino viziato Bergman si tiene stretto il suo bel gioco della lanterna
magica tutto per sé.
"Come in uno specchio" (1961) di Ingmar Bergman |
In
una fusione tra arte e vita era stato risucchiato dalla sua creazione artistica
attingendo soggetti per i film dalle sue esperienze personali e vivendo permanentemente
dentro un set sull’isola di Faro (isola Bergman) che aveva trasformato nel suo
microcosmo familiare/lavorativo: "In
realtà, io vivo sempre nel mio sogno, e ogni tanto faccio una visita alla
realtà" scrisse nella sua autobiografia Lanterna Magica del 1997.
Un
cinema debordante di parola perchè Bergman prima di tutto è drammaturgo,
predicatore di parabole umane visceralmente legato al teatro ma anche grande e
raffinato scandagliatore del linguaggio cinematografico nonchè sostenitore di
quello televisivo.
Col
teatro l’affinità elettiva: “Continuerò a
lavorare con il teatro finchè saranno obbligati a farmi uscire con i piedi
davanti e la testa dietro”.
Il
cinema come veicolo su cui possono viaggiare ed essere divulgati i sogni, le
visioni, le idee.
La
televisione un mezzo penetrante da studiare e con cui tentare nuovi
esperimenti.
Nell’arco
di più di quarant’anni di carriera un avvicendarsi di mogli, figli, esaurimenti
nervosi, problemi fiscali, crisi creative e isolamenti.
"Sinfonia d' Autunno" (1978) di Ingmar Bergman |
Nel
mentre nascevano, uno dopo l’altro, anche i suoi capolavori come Il settimo sigillo e Il posto delle fragole tra quelli
rimasti impressi nella memoria collettiva.
La
trilogia del silenzio di Dio formata da Come
in uno specchio, Luci d’inverno e
Il silenzio. La sperimentazione, il
gusto dell’immagine, il film sul film, la lotta interiore tra l’essere e
l’apparire ma anche premonizione sull’era dell’incominicabilità in Persona, considerato dallo stesso
Bergman il punto massimo a cui poteva arrivare.
Le
allucinazioni e il viaggio nell’inconscio in L’ora del lupo che sfiora il genere horror.
La
crisi di coppia, il rapporto tra i due sessi nel verbosissimo e interminabile
dialogo di Scene da un matrimonio.
"Fanny e Alexander" (1982) di Ingmar Bergman |
I
sofferti legami di sangue tra madre e figlia in Sinfonia d’Autunno o l’immersione nei ricordi d’infanzia in Fanny e Alexander tra figure reali e
ideali della sua vita.
I
personaggi sono fantasmi della memoria. La casa di Alexander è la ricostruzione
minuziosa della villa di Uppsala dove Bergman trascorse la fanciullezza. Il
film in cui immortala più chiaramente l’austera figura paterna che gli creò turbamenti
e sofferenze per tutta la vita.
"Il settimo sigillo" (1957) di Ingmar Bergman |
“Film come sogni, film
come musica. Nessun'arte passa la nostra coscienza come il cinema, che va
diretto alle nostre sensazioni, fino nel profondo, nelle stanze scure della
nostra anima.” ( Ingmar Bergman)
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