martedì 3 settembre 2013

"In Trance", di Danny Boyle

MAD NEWS

IN TRANCE dal 29 Agosto 2013 nelle sale italiane
La mente fa brutti scherzi
di Maddalena Marinelli

Simon è finito nel vortice della manipolazione. Una banda di criminali lo perseguita  costringendolo all’ipnosi per recuperare una celebre opera di Francisco Goya rubata durante un’ asta con la sua complicità. Ma tutto e tutti non sono quello che sembrano e il manipolatore di Simon potrebbe essere qualcun’ altro che agisce da molto prima. Naturalmente la mente umana è imprevedibile e se sconvolta, cancellata, resettata alla fine può reagire molto male. Nulla si può veramente obliare. Dimenticare il dolore è vano perchè genera il suo risveglio in altre forme.
Peccato che In Trance non sviluppi granchè queste interessanti tematiche e si lasci andare al puro effetto visivo. Un meccanico gioco in cui, come sempre, i personaggi boyliani compiono le peggiori nefandezze con la massima tranquillità per pentirsi giusto quello che basta e tornare ad una vita normale.
Penombre, raffinati e asettici interni, ipnoterapeuti che riescono a fare tutto quello che vogliono. Una sceneggiatura di scarsa efficacia per un lungometraggio, decisamente più adatta per un episodio di un serial televisivo. Le ripercussioni derivate dall'improbabile cancellazione del ricordo di una storia d’amore da una mente umana. In Trance sembra il gemello malvagio e meno dotato di Eternal Sunshine of the Spotless Mind in cui lo straordinario mix emotivo/visionario/tecnico è difficilmente uguagliabile. Per non parlare di un confronto con Nolan da cui Boyle ne uscirebbe più che sconfitto.


Così l’inganno della mente diventa l’inganno visivo del cinema. Il cinema è l’unico mezzo che può farci vedere realisticamente l’irrealismo del pensiero. Tutto quello che l’occhio umano non può vedere il cinema può vederlo come una potentissima protesi oculare alterante.
La facilità con cui l’uomo cade nella corruzione, le conseguenze di scelte sbagliate, l’impossibilità dell’amore di poterci salvare dal male (con qualche rara eccezione) e l’epilogo che esplode nella follia sono da sempre gli elementi portanti del cinema di Danny Boyle. Fin da Piccoli omicidi tra amici in cui tre ragazzi normali davanti ad una valigia piena di soldi si trasformano in furiosi assassini arrivando ad eliminarsi a vicenda.
Il grande calcolatore Boyle è un regista a sangue freddo a cui piace giocare col cinema, manipolare diversi generi, rapire visivamente lo spettatore.
Diversamente simile da Tarantino a cui si alterna un’anima depalmiana con sepolte tracce sociali loachiane.  Boyle ama quel tocco di splatter che non può mai mancare, ama citare altri registi e altri film e soffre di un incontrollabile esibizionismo tecnico. Rimpinza i suoi film di flashback, split screen e found-footage rendendo la storia e i personaggi solo degli elementi marginali. La freddezza stilistica diventa troppo spesso superficialità ridondante. La ricerca del fotogramma perfetto con il perfetto impulso sonoro. Quindi ciò che rimane è il puro trionfo del cinema per il cinema, se può bastare.