'Pasolini' di Abel Ferrara |
La fine non esiste
di Maddalena Marinelli
L’ultimo
giorno di Pier Paolo Pasolini inizia con il bacio di mamma Susanna e continua
all’interno del suo appartamento all’EUR nel
susseguirsi di parenti, amici, giornalisti.
Il pranzo con Laura Betti, il
lavoro sul romanzo Petrolio, le bozze
del discorso che avrebbe dovuto pronunciare al Congresso del Partito
Radicale, i disegni, le ferventi idee sulle opere future.
Arriva
la sera con la cena insieme a Ninetto Davoli, l’abbordo di Pino Pelosi alla stazione
Termini, il massacro del poeta all’Idroscalo di Ostia.
Si
ritorna a mamma Susanna, al momento straziante in cui viene a sapere della
morte del figlio.
Willem Dafoe in 'Pasolini' di Abel Ferrara |
Quel dolore intimo diventa dolore universale sulle note della
Callas che canta la Cavatina di Rosina come fosse un elogio funebre.
In
un film su Pasolini non poteva mancare la sua orazione lucida
e profetica.
La
voce dei sentimenti inespressi di una società in cui avvertiva crescere il
germe di un pericoloso cambiamento.
Instancabile e martellante interprete di un
quadro politico, di una realtà in cui sentiva il dovere di ricomporre quei
tasselli mancanti.
Ferrara
lascia scorrere il fiume in piena delle parole del poeta, ancora potenti e
attuali.
I
dialoghi, le interviste, gli estratti dai romanzi, gli elogi a Sandro Penna e
al libro La scomparsa di Majorana di
Leonardo Sciascia.
La
parte in ombra, quell’ossessione che gli bruciava dentro e lo spingeva in quelle
notti febbrili offrendosi al rischio.
«Lavoro tutto il giorno
come un monaco / e la notte in giro, come un gattaccio / in cerca d’amore..»
(Pier
Paolo Pasolini, Poesia in forma di rosa, Garzanti, 1964)
'Pasolini' (2014) di Abel Ferrara |
Abel
Ferrara decide di esporre il Pasolini immorale e il Pasolini immortale creando
uno strano tracciato allo stesso tempo convenzionale e
sconnesso.
Alla
fedele cronaca di quell’ultima giornata di vita si incastrano suggestioni,
scenari immaginifici, messe in scena del romanzo incompiuto Petrolio e di Porno-teo-kolossal, film mai realizzato che avrebbe visto
protagonisti Eduardo De Filippo e Ninetto Davoli.
Vediamo
l’ambiguo Carlo, ingegnere dell’ENI, sdoppiarsi tra salotti della corrotta borghesia romana e fellatio a ripetizione sul
pratone della Casilina (Petrolio, Appunto 55)
Ninetto Davoli in 'Pasolini' di Abel Ferrara |
Si
passa alla coppia Epifanio (Re Magio) e Nunzio (servo/angelo custode) di Porno-teo-kolossal
che partono per un interminabile viaggio seguendo la scia di una stella
cometa che dovrebbe condurli dal neonato Messia.
Lungo
il percorso arriveranno in una Roma/Sodoma orgiastica nell’unico giorno
dell’anno in cui è ammesso che uomini e
donne si uniscano carnalmente per procreare. In questa città utopistica viene
ammesso solo l’amore omosessuale e severamente punito quello eterosessuale
diversamente dalla Milano/Gomorra.
E’
stata sopita del tutto l’anima delirante, audace e viscerale del cinema ferrariano.
Decisamente
un passo indietro rispetto a 4:44 Last
Day on Earth e Welcome to New York opere
figlie di un nuovo Ferrara meno invasato, più consapevole e strutturato ma che
conservano quella straordinaria indole impura,vorticosamente nefasta.
Così
Abele uccise Caino.
Sparita
ogni visioni potente, abissale e priva di compromessi per cui gli sono stati,
quasi sempre, perdonati quei peccati di tecnica e stile che nel film Pasolini emergono con meno giustificazioni.
Il
risultato ottenuto è un’amalgama inerte troppo sottomessa ed ecumenica, poco
appassionante.
Willem Dafoe in 'Pasolini di Abel Ferrara |
Si
vuole mostrare tutto, si mostra troppo:
il corpo, che nonostante l’ottima prova di Willem Dafoe, rimane
un’entità estraniante, un attore camuffato perché riprodurre la voce, la fisicità
di Pasolini, renderlo personaggio è impossibile.
La
sua vita, la cerchia di affetti che riprodotta in un susseguirsi anonimo di
parenti e amici, col volto di celebri attori italiani, non riesce a cogliere
nessuna veridicità tantomeno l’atmosfera politica dell’Italia negli anni della
strategia della tensione.
La
morte; addirittura Ferrara ricostruisce con determinazione la scena
dell’omicidio attenendosi alla sentenza di primo grado del 26 Aprile 1976 in
cui Pelosi venne condannato a nove anni per omicidio volontario in concorso con
ignoti.
«Me ne fotto. Questo è
un film, non un’indagine. Non me ne frega niente di chi l’ha ammazzato e come.
Io mi occupo della tragedia, di quello che abbiamo perduto. Pasolini è morto a
53 anni, avrebbe potuto continuare a dire e a fare tantissimo. Molti suoi
contemporanei sono ancora qui» (Abel
Ferrara)
Purtroppo
nella realtà ancora ignoriamo quale sia stato il movente.
Non
sappiamo se ci sono stati mandanti politici, esecutori collegati al racket
della prostituzione minorile o aggressori legati a vicende private.
'Pasolini' (2014) di Abel Ferrara |
« […] Pasolini viene
ucciso quando trame e complotti sono all'ordine del giorno[…] si voleva “dare
una lezione” a Pasolini, ma non per uno “sgarbo”, bensì per quello che egli
rappresentava nel momento politico, così come, un paio d'anni prima per la
stessa ragione, si era voluta dare una “lezione” all'attrice Franca Rame. […]»
(Giorgio
Galli, Un delitto politico, in AA.VV., Dossier delitto Pasolini, 2008)
Il
poeta, secondo la visione di Ferrara, muore come ha rischiato tante volte di
morire.
Vittima
di un’aggressione omofoba.
'Er Pasola' viene seviziato da quattro ragazzacci di vita che sembrano usciti
fuori dai suoi racconti.
Una
fine che sembra ideata, diretta e interpretata da se stesso per il tuffo nel
‘grande nulla lucente”, così Pasolini definiva la morte.
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