'PROMETHEUS' (2012) di Ridley Scott |
Creazioni e distruzioni
di Maddalena Marinelli
Nostalgici dei terrificanti xenomorfi, dei collosi facehugger, dei voraci embrioni spaccapetto, della prodigiosa bava corrosiva che sgocciolando dissolve qualsiasi superficie.
Sembrava tutto archiviato nel 1997 con Alien 4 – La clonazione e con qualche rilancio
più recente nel crossover/prequel/spin-off
Alien vs Predator.
Con Prometheus si ricomincia e sembra che ci sarà finalmente rivelata la genesi di questo misterioso male alieno.
Con Prometheus si ricomincia e sembra che ci sarà finalmente rivelata la genesi di questo misterioso male alieno.
E’ così
necessario spiegare l’origine del mostro?
Infondo svelare e chiarire
troppo, smorzando il mistero, farebbe
svanire ogni paura e ogni autorevolezza dell’oscura entità.
Però il farlo solo
credere è un vecchio trucco che funziona sempre.
Ecco perché milioni di spettatori imbufaliti infieriscono sul film Prometheus.
La
maggior parte sono i fedeli fans di Alien
rimasti delusi perché si aspettavano di avere quelle risposte rimaste sospese
nel lontano 1979 e non arrivate neanche nei sequel. Invece Prometheus è una creatura ambigua.
E’ il prequel di Alien e poi
invece non lo è, come dichiara infine lo stesso Ridley Scott.
Un evidente collegamento esiste ma è un’opera che va per una strada diversa.
Un evidente collegamento esiste ma è un’opera che va per una strada diversa.
Può
essere definito più come un reboot.
Inizia ponendosi i grandi interrogativi del Chi siamo? Da dove veniamo? Chi ci ha creati?
Inizia ponendosi i grandi interrogativi del Chi siamo? Da dove veniamo? Chi ci ha creati?
Nel corso del film capiamo, come
al solito, quanto può essere pericoloso, distruttivo e deludente cercare queste
risposte.
In particolar modo tutto gira intorno al “Chi ci ha creati?”, marcando sull’affascinante ipotesi che
l’umanità sarebbe stata forgiata da una razza aliena superiore, mettendo in
discussione sia la teoria evolutiva di Charles Darwin sia quella della
creazione dell’uomo per mano divina.
'Prometheus' di Ridley Scott |
Sull’idea del paleocontatto l’astronave Prometheus parte verso uno sconosciuto pianeta nel profondo spazio per cercare i nostri creatori, i cosidetti ‘Ingegneri’.
Diciamo che lo schema di Alien si
ripete: il risveglio dalla criostasi di un equipaggio molto eterogeneo; la
presenza di un ambiguo androide con una missione segreta; l’esplorazione del
pianeta; un’indefinibile mostruosità aliena che inizia un contagio per
prolificare la sua specie; il caos, l’eroina protagonista unica sopravvissuta
con in mano i pezzi dell’androide decapitato.
Nessuna
risposta viene data, anzi, la sensazione è quella che gli interrogativi si
moltiplichino gradualmente.
Misteriosi vasetti con dentro un liquame nero,
serpenti stritolatori, poliponi- facehugger, super
uomini dal fisico scultoreo col nostro stesso DNA si aggiungono alla classica iconografia
di Alien senza dare molte
spiegazioni.
Così
tutti se la prendono con lo sceneggiatore Damon Lindelof, e le sue manie di
creare e far moltiplicare idee, allusioni di matrice mitologica/filosofica.
Ipotesi
su ipotesi espresse dagli stessi personaggi senza arrivare mai ad una soluzione
chiarificatrice o meglio disseminandole furtivamente nel corso della vicenda ma
lasciandole sfuocate nel dubbio.
Dopo il mistero del fumo nero di Lost ci toccherà arrovellarci sul mistero
del liquido nero di Prometheus.
All’interno di una struttura più asciutta e decisa anche Alien lasciava dei misteri irrisolti e questo non ha penalizzato il film.
All’interno di una struttura più asciutta e decisa anche Alien lasciava dei misteri irrisolti e questo non ha penalizzato il film.
In Prometheus si consuma una curiosa lotta interna: Lindelof contro Scott.
I duellanti restano più o meno alla pari ma sembra infine prevalere la regia serrata di Ridley Scott sulla lostizzazione dello script di Lindelof.
I duellanti restano più o meno alla pari ma sembra infine prevalere la regia serrata di Ridley Scott sulla lostizzazione dello script di Lindelof.
Il
regista inglese ci regala ancora una volta quel suo sguardo nichilista, spietato,
nostalgico e introspettivo di raccontare la fantascienza come lotta ideologica
tra creatori e creature.
Oltre al più esplicito riferimento ad Alien c’è anche un rimando a Blade Runner sulle riflessioni e conseguenze del rapporto col mondo degli esseri
artificiali, concentrate nel curioso personaggio dell’ androide
cinefilo David che porta i capelli come l’attore Peter O’Toole. Apparentemente
servile e allo stesso tempo dominatore degli eventi.
Pur
essendo un essere artificiale, programmato dal presidente della Weyland
Corporation, dimostra una spiccata personalità
con le sue argute intuizioni e con il suo pericoloso spirito d’iniziativa che
contribuirà a favorire l’immonda entità aliena.
Michael Fassbender in 'Prometheus' di Ridley Scott |
“Tutti i figli vogliono veder morire i loro genitori” dice l’androide David alla Dottoressa Shaw.
In Prometheus rimane inalterata la magnificenza delle immagini che incantano e sorprendono fino alla fine.
Mentre
tutti sono immersi nel sonno dell’ibernazione seguiamo David attraversare in
bicicletta i silenziosi ambienti dell’astronave per poi ritrovarlo a guardare
vecchi film e spiare i sogni dei membri dell’equipaggio.
Inevitabile non pensare all’inizio
di Alien, alla profetica sequenza
degli interni deserti della Nostromo, sotto l’invisibile influsso del computer Mother.
Si
ripete un imponente spettacolo visivo che evolve dai claustrofobici ambienti
chiusi di Alien agli immensi esterni
del pianeta LV-223 con tempeste di sabbia, scontri tra enormi navi spaziali che
incombono sulla minuscola figura umana per tornare nei labirintici e oscuri
corridoi/gole in cui si nasconde il mostro alieno e tutto il suo diabolico universo
d’innesti biologici e meccanici ancora una volta splendidamente creati dalla
mente dell’artista svizzero HR Giger.
Molto di più di una scenografia, una
grande operazione artistica, un enorme dettagliato affresco iconografico
pitto-scultoreo di un minaccioso inferno
alieno, in cui continuano ad aggiungersi inorridenti metamorfosi visive con
continui rimandi all’apparato genitale.
Ed
eccolo comparire nell’ultimo frame il piccolo antenato dello xenomorfo ma cosa
combinerà per il momento non possiamo saperlo.
Noomi Rapace in 'Prometheus' di Ridley Scott |
L’inquietante e fastidiosa tara che si trascina Prometheus è costituita dai troppi e spudorati segnali che definiscono il film come una sorta di prima parte preannunciando un sicuro sequel.
La formula della serialità
che ormai dalla televisione dilaga sempre di più nel cinema, anche quando si
tratta di grandi autori come Sir Ridley Scott, riuscendo a sporcare l’integrità
di un’opera filmica con strategie commerciali tristemente omologanti. Speriamo solo
che nel futuro il cinema non sia destinato a diventare un intrattenimento per
robot che ripetono celebri battute e prendono spunto dagli attori per un taglio
di capelli.
Nessun commento:
Posta un commento