MAD NEWS
Van Gogh - Sulla soglia dell'eternità in sala dal 3 Gennaio 2019 |
La discesa infinita
di Maddalena Marinelli
“Dall’uomo al vero uomo, la strada passa per
l’uomo pazzo” (Michel Foucault)
Vincent,
un uomo dalla sensibilità esasperata e dall’angoscioso desiderio d’amore.
Pazzo?..Sicuramente
incompreso, deriso, reietto dalla società.
Il
diverso che fa paura; portatore di disorientamento dall’ordinario vivere
quotidiano.
Un
uomo dall’aspetto inquietante e sgradevole.
Alcolizzato,
accanito fumatore; un sudicio dai denti guasti.
Difficile
entrare in contatto con lui. Difficile capirlo. Difficile amarlo.
Votato
completamente alla pittura per cogliere ed esprimere la sua verità sulle
pulsioni vitali della natura e l’essenza, il dramma dell’essere umano.
Il
suo furor creativo.
Una pittura immediata, mutevole, dai tratti e colori violenti, piena di pathos che non piaceva non solo alla gente comune ma nemmeno a molti artisti dell’epoca tra cui Cezanne che non capì mai la grandezza di Van Gogh.
Una pittura immediata, mutevole, dai tratti e colori violenti, piena di pathos che non piaceva non solo alla gente comune ma nemmeno a molti artisti dell’epoca tra cui Cezanne che non capì mai la grandezza di Van Gogh.
Un’esistenza
piena d’amore e dedizione per l’arte ma segnata dalla sofferenza, dalla
frustrazione e dal malessere mentale.
Costantemente
deluso dall’insuccesso, dall’amore, dalle amicizie; si sentiva l’ultimo degli
ultimi, una nullità.
Unico
appiglio il rapporto indissolubile col fratello Theo e il suo costante sostegno
economico che gli garantiva di poter continuare a preoccuparsi unicamente della
ricerca artistica.
Theo
amava profondamente Vincent.
Nonostante le loro diversità si sentiva legato a lui da un destino similare e dalla responsabilità di prendersene cura.
Nonostante le loro diversità si sentiva legato a lui da un destino similare e dalla responsabilità di prendersene cura.
Inoltre
era l’unico a comprendere, a credere ed amare la sua arte.
Vincent
desiderava una vita normale. L’amore. Una donna da sposare, una famiglia ma
allo stesso tempo questo rappresentava un intralcio per il suo rapporto
totalizzante con l’arte.
Un esule fuori
dal mondo ma allo stesso tempo visceralmente dentro la realtà.
Willem Dafoe in 'At Eternity's Gate' di J. Schnabel |
"Io dipingo per non pensare" (V. Van Gogh)
Impulsivo ed estremo, fino all’autolesionismo nella famosa “performance” del lembo d’orecchio reciso e recapitato alla sua prostituta preferita dicendole: ‘Conservalo con cura, così ti ricorderai di me’.
Impulsivo ed estremo, fino all’autolesionismo nella famosa “performance” del lembo d’orecchio reciso e recapitato alla sua prostituta preferita dicendole: ‘Conservalo con cura, così ti ricorderai di me’.
Fattore
scatenante la delusione, la rabbia, l’impotenza
di fronte all’abbandono subito da parte dell’amico Gauguin.
Ecco,
questo è un mio brandello di carne, questo è il mio sangue. Io esisto. Io
soffro. Io non voglio essere abbandonato. Voglio essere ricordato. Voglio
essere amato.
Dopo
questo episodio la gente del paese si convinse della sua pazzia e fu internato
per un lungo periodo.
“L’arte è l’uomo sommato alla natura” (V.
Van
Gogh)
Il
suo rapporto con la natura è totale, immersivo, allo stesso tempo confortante e
straziante.
Incurante
del caldo e del freddo passava intere giornate in campi di grano, boschi e
sulla riva del fiume.
Madre
natura da cui prima imparare e poi trarre ispirazione.
Che
sussurra, svela agli occhi e al cuore ma soprattutto non giudica.
Nel
suo silenzio contemplativo Vincent si sente libero e lontano da quella società
che lo addita e lo reprime. Può essere se stesso, finalmente capace di
esprimersi senza impedimenti. Così matura il suo atto di autentica creazione.
Sappiamo
che Julian Schnabel prima di essere regista è lui stesso artista ed è sempre da
tale prospettiva che ha raccontato l’esistenza e l’atto creativo di Basquiat, Reinaldo
Arenas e adesso in At Eternity's Gate
di Van Gogh.
Schnabel
cerca di portare al pubblico ‘il punto
di vista’ di Vincent; di come lui vedeva il mondo e l’arte.
Lo seguiamo nel movimento della mano mentre realizza i suoi disegni ad inchiostro di china.
Lo seguiamo nel movimento della mano mentre realizza i suoi disegni ad inchiostro di china.
Il
suo conflitto con la società dell’epoca, le quotidiane derisioni inflitte dalla
gente di Arles cattiva, meschina e ignorante, che non lo voleva.
Percepiamo
tutta la sua solitudine e disperazione ma anche la grande volontà nel
proseguire con costanza e fermezza la sua ricerca artistica.
Nello struggente confronto col prete ( Mads Mikkelsen), viene messa alla prova la sua fede artistica ma Vincent non vacilla nel suo credo.
La camera ardente che diventa ennesima 'performance', con al centro il corpo senza vita dell'artista martire che s'innalza verso l'eternità, circondato dalle sue opere che i visitatori si affrettano ad acquistare.
Nello struggente confronto col prete ( Mads Mikkelsen), viene messa alla prova la sua fede artistica ma Vincent non vacilla nel suo credo.
La camera ardente che diventa ennesima 'performance', con al centro il corpo senza vita dell'artista martire che s'innalza verso l'eternità, circondato dalle sue opere che i visitatori si affrettano ad acquistare.
Un
impeccabile Willem Dafoe, con estrema naturalezza, si cala in questo Van Gogh
pacato, teneramente goffo, meditativo, già rassegnato a non essere capito dal
suo tempo.
Un
film intimista ed essenziale che attraverso inseguimenti con la camera a mano
vuole entrare nelle membra di Van Gogh cercando di comprenderne gli stati
d’animo, la sua turbata psicologia, il desiderio di affermare e condividere la
sua arte.
« È un film sul significato
dell’essere artista e il suo ruolo nel mondo. Non potrei fare un film più
personale di questo ». (Julian Schnabel, note di regia)
Tutto
questo riesce a rendere necessario ed emozionante quest’ennesimo omaggio
filmico alla figura di Van Gogh con l’aiuto di una novità rispetto ai tanti predecessori:
l’ipotesi che l’artista non si sia suicidato ma sia stato vittima di un
incidente provocato da due ragazzi che giocando con una
pistola malfunzionante gli avrebbero sparato accidentalmente all’addome.
Schnabel
decide di proporre questa versione inedita sulla morte di Vincent ipotizzata
nel 2011 in Van Gogh: The Life, il
volume biografico degli storici dell’arte Steven Naifeh e Gregory White Smith.
«Sulla questione del
suicidio non esiste alcuna testimonianza, nessuno ha mai trovato l’arma da
fuoco o il suo materiale per dipingere. Noi abbiamo lottato contro questa leggenda:
alla fine della sua vita, Van Gogh realizzava un dipinto al giorno, non era
depresso come viene descritto di solito…» (Julian
Schnabel)
Willem Dafoe in 'At Eternity's Gate' di J. Schnabel |
Un
ritratto intenso e silente che segue il corso degli eventi di un uomo, di un
artista che ha perseguito il suo sogno di cercare una nuova luce, di dare un
autentico senso alla sua esistenza e morto nell’inconsapevolezza di esserci
riuscito. Addirittura di aver superato il suo tempo stabilendo un rapporto con
l’eternità.
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