venerdì 12 luglio 2024

LA FINE DEL MONDO #14: ‘IL PAESE INCANTATO’, di Alejandro Jodorowsky

 

IL PAESE INCANTATO (1968) di A. Jodorowsky

La ricerca di un mitico altrove
di Maddalena Marinelli
 
Esistono sogni e incubi collettivi. 
Un uomo trascina sopra un carretto la sua donna paralitica. 
Insieme partono alla ricerca della leggendaria città di Tar, luogo estremo, dove rifugiarsi da una realtà all’ultimo stadio del disfacimento morale. 
Lo scenario si presenta apocalittico; un mondo spazzato via, in cui i sopravvissuti vivono tra le macerie senza più riferimenti e regole. 
Fando e Lis rappresentano la coppia archetipica; lottano tra istinto di preservazione e istinto di distruzione del loro legame.
Lis ha un’ anima ma allo stesso tempo è  come un oggetto che appartiene a Fando, poco più di una bambola che lui si trascina dietro come un fardello da torturare; feticcio su cui scaricare tutte le sue frustrazioni e sgravare l’odio verso la figura della madre.

Diana Mariscal in 'Il paese incantato' 

Forse Lis è solo un’invenzione di Fando, la rappresentazione della purezza indifesa che viene sempre minacciata o corrotta. 
Il cammino verso Tar si rivelerà una discesa nell’abisso della psiche da cui riemergono ricordi, dolori, traumi mai affrontati incarnati da una serie di emblematici personaggi. 
Un girone dantesco, un labirinto infernale dove i due protagonisti si ritrovano sempre al punto di partenza. 
Quando Lis distrugge il tamburo che rappresenta l’ultimo prezioso oggetto dell’infanzia, Fando la uccide facendola diventare una santa divorata dai suoi fedeli che attraverso l’atto del cannibalismo cercano di conquistare un pezzetto della sua purezza.
L’universo di un’artista. 
Il paese incantato è il lungometraggio d’esordio di Alejandro Jodorowsky che all’epoca era conosciuto in Messico soprattutto come autore e regista teatrale. 
Fondatore con Roland Topor e Fernando Arrabal del Teatro Panico, arrivava dall’esperienza surrealista e dal mondo del mimo di Marcel Marceau.
Quando i messicani lo conobbero anche come regista cinematografico, attraverso la proiezione di Fando y Lis al Festival di Acapulco, la reazione fu un tentativo di linciaggio a cui Jodorowsky sfuggì. 
Un grande scandalo, troppi tabù infranti da digerire e visioni difficili da decifrare. Oppure troppe verità nascoste sbattute in faccia. 
Cave deserte, cimiteri profanati da scenette che prendono in giro la morte, donne anziane che seducono uomini giovani, allegre bande di travestiti, una donna che rappresenta la figura di un pontefice, antropofagia, vampirismo e molto altro scatenò l’ira del popolo messicano che mise al rogo la pellicola per molto tempo.

Sergio Klainer e Diana Mariscal in 'Il paese incantato'

Un film assolutamente spregiudicato, debordante di idee visive, un’obiezione al cinema come racconto “E’ stato il mio sé adolescente a realizzarlo” (A. Jodorowsky)
Un’ opera che prima di sensibilizzare tende a destabilizzare creando immagini di accostamenti impossibili sul principio della dissimilitudine surrealista.
Il percorso da compiere è un attraversamento nel buio della mente.
Un poema visivo, un’overdose dell’immaginifico.
Un’ operazione corrosiva e spappolatrice contro l’amalgama e l’unità di visione.
Il ripetersi dell’atto ostinatamente fastidioso, violento e crudele è utilizzato per andare contro un cinema convenzionale, in particolar modo l’attacco era rivolto alla cinematografia americana accusata di celare, troppo spesso, una propaganda politica o ideali da inculcare alle masse.
Alejandro Jodorowsky  si definisce poeta e alchimista, uno sperimentatore ondivago di tutti i tipi d’arte, non aveva nessuna competenza sul come si girasse un film ma questa sua incapacità registica e l’imprecisione tecnica produce inaspettatamente una visione eccentrica, stordita da un entusiasmo fanciullesco. 
Una dimensione ludica ma allo stesso tempo colta.
Sarà supportato tecnicamente da ben due direttori della fotografia e in fase di montaggio da Carlos Savaga il montatore dei film di Bunũel.
La trama è liberamente tratta da un testo teatrale di Fernando Arrabal ma non esiste nessuna sceneggiatura, 
Jodorowsky si fa guidare dal flusso di esperienze e ricordi legati al suo passato e dalla sua grande ipertrofia visiva. 
Partorisce un’incredibile mappatura iconografica che continuerà a proliferare ed evolversi con più ordine nei successivi film: El Topo il western spirituale che lo porterà al successo, seguito da La Montagna Sacra e Santa Sangre.
Jodorowsky voleva la realtà, anzi insegue un realismo estremo, per  Fando y Lis non cercava attori ma persone il più possibile vicine ai personaggi. 
Ecco perché nel cast compaiono soprattutto amici e parenti.
Le rovine di un maniconio, un cimitero messicano, una miniera abbandonata diventano i suggestivi luoghi del film, incredibili set naturali dove si girava durante il fine settimana in situazioni assolutamente abusive. 
Addirittura il film sarebbe stato realizzato nell’arco di un solo week end sotto gli influssi di una trance creativa.

Sergio Klainer e Diana Mariscal in 'Il paese incantato'

C’è una corrispondenza onirica tra Jodorowsky e Fellini. 
La coppia Fando e Lis ricorda  quella di  Zampanò e Gelsomina del film La strada in cui compare il tema del viaggio e dell’innocenza distrutta, concludendosi con la straziante morte del personaggio femminile e la riscoperta della sfera emotiva del personaggio maschile.  
Anche la somiglianza fisica tra Lis e Gelsomina è molto evidente. 
In seguito Fellini nel 69’ sembra restituire la citazione al collega Jodorowsky con Satyricon che attraverso i suoi scenari apocalittici da Divina Commedia e il susseguirsi di bizzarri personaggi riconduce alle atmosfere di Fando y Lis girato l’anno prima in Messico.
Ma da Fellini a Jodorowsky rimbalzeranno molte altre fantasie condivise come la femme fatale materna e annientatrice, la solitudine e il fascino dei circensi, il riferimento autobiografico tra ricordo ed invenzione, la decadenza morale che accompagna il benessere economico.

Nessun commento:

Posta un commento