martedì 24 novembre 2020

L' ARTISTA MALEDETTO #4: 'GOLTZIUS AND THE PELICAN COMPANY', di Peter Greenaway

 

'GOLTZIUS AND THE PELICAN COMPANY' (2012) di Peter Greenaway - visibile su CHILI


Il volto impuro dell’arte
di Maddalena Marinelli

L’arte, il potere e l’artista. 
L’arte, per sua natura e funzione, contrasta il potere evidenziandone tutti i limiti, le ipocrisie, i soprusi, la violenza ma allo stesso tempo l’artista non può rimanere fuori dall’ingranaggio e dagli interessi economici.
Ecco consumarsi un gioco senza fine  tra lo scendere a compromessi e il ribellarsi mettendo in moto una serie di conseguenze.
“L’opera d’arte è sempre una confessione” (Umberto Eco)
L’arte aiuta a capire la realtà, ricerca quelle verità che al potere fa comodo tenere nell’ombra ma può l’arte avere facoltà d’intervento reale? 
Oppure è soltanto una consolazione come diceva Thomas Mann?
Peter Greenaway in Goltzius and the Pelican Company riflette, con la sua cinica ironia, su questa tematica andando ad incastrarne molte altre all’interno di un’ideale ‘opera totale’.
Una scatola magica in cui avviene la teatralizzazione dell’arte e della vita.
Anzi molto di più, un contenitore ipertestuale che ha la pretesa di raccontare una vicenda integrandola con  visioni rielaborate che provengono dalla storia dell’arte, dell’architettura , del teatro. 
Un’ opera filmica che diventa una vera e propria lezione sul sapere umano in cui la complessità dell’immagine è sempre pari a quella data all’oralità e alla scrittura.
Una delle più famose provocazioni del regista gallese è asserire la morte del cinema. Infatti Greenaway sottomette completamente la tecnica cinematografica ai misteri della creazione artistica, per lui esiste solo l’immensità dell’arte. 
Continua ad essere un pittore, compositore d’immagini, passando dalla tela allo schermo trascinandosi dietro il suo debordante taccuino di appunti, teorie, immagini, pensieri, parole, musiche.

'GOLTZIUS AND THE PELICAN COMPANY', di Peter Greenaway


Gli unici personaggi a cui è interessato sono gli artisti: l’architetto, il pittore, lo scrittore sempre usati come chiave per entrare in un territorio immaginifico riccamente stratificato e dare vita al suo esclusivo organismo: un’opera/saggio multidisciplinare.
Il suo più grande amore è senza dubbio la pittura soprattutto quella del Rinascimento,  Manierismo e Barocco. 
La teatralizzazione gli ha permesso di far esplodere  tutta la magnificenza, i simbolismi, la ricchezza cromatica di questi periodi storici così fecondi per la produzione artistica.
L’olandese Hendrik Goltzius è stato uno dei grandi incisori olandesi del primo periodo Barocco, ovvero del Manierismo settentrionale. 
Famoso per le sue stampe erotiche. Il film racconta le peripezie dell’artista Goltzius e della sua compagnia teatrale alla corte del Margravio d'Alsazia. 
Per convincere quest’ultimo a finanziare un libro di preziose stampe, sulle storie del Vecchio Testamento, i teatranti accettano di interpretare ogni sera, per il piacere del Mangravio, alcune delle più emblematiche e controverse vicende delle sacre scritture: Adamo ed Eva e il peccato originale, Lot e le sue figlie, Giuseppe e la moglie di Putifarre, Davide e Betsabea, Sansone e Dalida, Salomé e Giovanni Battista. 
L’attenzione si concentra su 'sei tabù' legati alla sfera del sesso (fornicazione, incesto, adulterio, seduzione dell’innocente, prostituzione e necrofilia) rappresentati attraverso autentiche performance sessuali dal vivo. 
Raffinati tableaux vivants  pornografici in cambio di finanziamenti per l’attività della stamperia artistica.
Quello che ha inizio come un semplice gioco lascivo porterà ad accesi dibattiti morali e filosofici che finiranno per innescare una catena di tragici eventi in cui la finzione s’intreccia con la realtà coinvolgendo le vicende personali degli attori e della corte. 
Viene liberata tutta quella carica violenta nascosta nei testi sacri.
Presto l’atmosfera festosa inizierà a tingersi del sangue di evirazioni, flagellazioni e decollazioni come se ad ogni amplesso susseguisse un’inevitabile azione punitiva in una crescente atmosfera sadica alla Sodoma e Gomorra. 
Tutto questo sotto gli occhi di Goltzius che sdoppiandosi è simultaneamente dentro gli accadimenti e fuori, come volto e voce narrante. 
In entrambi i casi impotente di fronte alle tante sofferenze patite dai suoi amici. 
L’artista potrà solo osservare l’implacabile decorso e proseguire da superstite la sua missione artistica. 
Condividere le sue erudite deduzioni sulle disavventure della Compagnia del Pellicano, trasponendo le emozioni in immagini e parole.

'GOLTZIUS AND THE PELICAN COMPANY', di Peter Greenaway


La meravigliosa ascesa dell’arte e la sua discesa, il  retroscena più crudele. 
Sesso e morte sono le tematiche preferite da  Greenaway ma in Goltzius and the Pelican Company c’è anche l’ossessione per la conoscenza, le controversie sulla morale sessuofobica del  Cristianesimo,  l’ottusità del potere politico messo in ridicolo, il potere temporale della Chiesa che addirittura alla fine si rivela come il primo grande stratega ricollocando ogni cosa secondo un infido ordine. 
L’analisi del regista gallese è molto dura nei confronti del ruolo dell’artista nella società. Un altro tema centrale è quello della mercificazione dell’arte e dell’erotismo. 
Vuole mostrare il torbido che si nasconde dietro lo splendore artistico ed evidenziare quelle scelte meno edificanti  a cui è sottoposta la carriera dell’artista. 
Davvero un perverso ossimoro. 
Costruire visivamente la più spettacolare esaltazione dell’arte e poi calargli addosso una cappa nera.
Non ci viene dato il tempo di contemplare le immagini perché veniamo assaliti dall’incessante flusso delle parole intinte in una pungente satira.
La sceneggiatura si divide in tre piani narrativi. 
C’è ‘la trama biblica’ che risalta  la rappresentazione delle sei storie tratte dal Vecchio Testamento. 
La seconda è ‘la trama del Margravio’ che evidenzia le conseguenze delle rappresentazioni dei racconti biblici sulla corte e sugli attori. 
La terza è ‘la trama di Susanna e i vecchioni’  - il voyerismo che passa dall’artista al Margravio fino al pubblico in sala - che spiega l’ossessione di Goltzius per l’erotismo, le ragioni personali del suo comportamento equivoco e il cambio del suo orientamento sessuale.
Greenaway assedia lo spettatore da ogni angolazione visiva e uditiva. 
Il fulcro visivo, in primo piano, che cattura l’occhio è maestoso come un altare sacro.
Un Cinquecento ricostruito all’interno di un fabbricato industriale in disuso.  
Il regale scenario è illuminato da una luce raggelante  proiettata su corpi che già sembrano lattescenti cadaveri preannunciando il loro imminente sacrificio all’interno dell’enorme palcoscenico di delizie e supplizi in cui pubblico e attori vengono (p)uniti. Tutti entrano ed escono dalla finzione alla realtà. 
Quindi tutti possono trovarsi sotto inquisizione anche lo spietato Margravio.
La composizione visiva è sempre molto complessa. 
La scena, ispirata ad opere pittoriche,  racchiude una ricercata iconografia. 
Tutto ciò viene custodito, a sua volta, all’interno di un impianto architettonico che scandisce lo spazio e lo trasforma apparendo improvvisamente sottoforma di modellazioni in  3D. 
Al centro c’è il corpo dell’attore come cuore pulsante e recitante, mai semplice apparizione. 

'GOLTZIUS AND THE PELICAN COMPANY', di Peter Greenaway


L’attore è chiamato a dimostrare di essere tale e la sua oralità deve emergere insieme  all’impianto visivo che abita.
Ogni elemento è una chiave che apre altre porte da attraversare in un mondo che ci trascina dentro il suo lento declino in cui si riflette lo sfacelo della società contemporanea. 
L’estremismo di Greenaway adora distruggere almeno quanto ama creare.