domenica 6 luglio 2025

MEMENTO MORI #6 : ‘NOSFERATU’, di Eggers, Murnau, Herzog

 

NOSFERATU (2024) di Robert Eggers 


La gelida mano della morte
di Maddalena Marinelli

"Se guardi a lungo nell'abisso, anche l'abisso guarderà dentro di te".
(Friedrich Wilhelm Nietzsche)
 
Accogliere le tenebre.
Una fanciulla attira un’oscura entità, di morte e sangue, che giace sospesa tra il mondo dei morti e il mondo dei vivi.
Un essere eternamente dannato, allo stesso tempo orripilante e seducente. 
La giovane donna si è fatta ammaliare o lo ha ammaliato, ridestandolo dalla sua vetusta tomba.
All’inizio si è fatto percepire come un’entità benevola, per poi rivelarsi un demone che si nutre del sangue dei vivi, un non-morto portatore di orrori.
Ormai insoddisfatto della relazione a distanza, ha deciso di presentarsi dalla bella fanciulla per possederla (a suo modo) e appestare la città e dintorni.
Il suo vanaglorioso desiderio è consumare tutta la vita sulla Terra.

Lily Rose Depp in 'Nosferatu' di R. Eggers

La morte e la fanciulla. Abiezione e purezza.
Lui è il Nosferatu, il non spirato portatore di piaga.
L’angoscia e il piacere nell’essere rapiti, sottratti a se stessi e alle rigide regole sociali.
L’incubo del vampiro come simbolo di traumi irrisolti, di impulsi inconsci, di pulsioni inconfessabili e incompatibili col giudizio morale e i preconcetti di fine Ottocento, soprattutto relativi al desiderio femminile.

Aaron Taylor Johnson in 'Nosferatu'

Eggers, ancora una volta, apre il portale tra la realtà e l’oscurità di un mondo magico cullandoci in un nuovo incubo che si riflette in qualcosa di non risolto, di nefasto, che arriva fino al nostro contemporaneo.
Il tanto atteso remake di Nosferatu il vampiro.
L’omaggio che da anni Eggers voleva fare al regista Murnau e al meraviglioso cinema espressionista tedesco, che tanto lo ispirò nell'intraprendere la sua carriera registica.

'Nosferatu il Vampiro' (1922) di F. W. Murnau

Murnau vede Nosferatu come il mostro etereo; una forza simbolica.
Privo di ogni fascinazione romantica.
Un male assoluto, un virus che vuole seminare morte e distruzione, attirato dalla purezza della giovane Ellen, che si rivelerà l’unica arma che può elimirarlo attraverso il sacrificio.
Una delle caratteristiche dei film espressionisti era quella di ricostruire una realtà fittizia attraverso dei set in cui strade, paesaggi o interni venivano deformati creando un effetto straniante nello spettatore, come accade nel celebre Il gabinetto del Dottor Caligari di Robert Wiene.
Espressione visiva dell’inconscio e dell’ interiorità tormentata e complessa dell’essere umano.

'Nosferatu il Vampiro' (1922) di F. W. Murnau

Murnau per il suo Nosferatu decide di utilizzare un’ambientazione realistica per dare un’idea del male arpionato al tangibile, quindi, ancora più terrificante.
Lo stesso Nosferatu è un' entità mostruosa, con poteri sovrannaturali ma inizialmente era un uomo come tanti, il conte Orlok, eternamente dannato e deformato dal male.
Portatore di una maledizione di cui egli stesso è vittima.
Il vampiro come presagio di una paura collettiva, di un prossimo concreto oscurantismo sociale e politico che purtroppo arriverà in Germania, esattamente dieci anni dopo, con l’avvento del Nazionalsocialismo.

'Nosferatu il principe della notte' (1979) di Werner Herzog

Tra Murnau e Eggers non si può prescindere da Nosferatu, Il principe della notte di Herzog.
Herzog è in connessione con Murnau ma allo stesso tempo fa un film profondamente diverso.
Il Nosferatu di Herzog, interpretato magistralmente da Klaus Kinski, scava nell'interiorità del mostro, è un essere malinconico, un esistenzialista oppresso dalla solitudine e dalla frustrazione.
Spietato nel suo piano malefico ma con emozioni più umane.
Il rapporto con la natura in Herzog diventa più radicale e filosofico.
Mentre il male del vampiro spazza via l’umanità con la sua letale epidemia, la natura si riappropria dei suoi spazi incurante del genocidio in corso.

'Nosferatu il principe della notte' (1979) di Werner Herzog

Lucy, la protagonista femminile interpretata magnificamente da Isabelle Adjani, ha un’importanza attiva.
Vaga come una sorta di Cassandra non creduta, che prenderà decisioni e agirà da sola contro il vampiro, senza alcun supporto maschile.
Herzog nel finale si distacca da Murnau concependo un male che si rigenera, impossibile da sconfiggere nonostante il sacrificio di Lucy.
Il demone si impossessa di un nuovo corpo e prosegue come un implacabile cavaliere dell’apocalisse.

Bill Skarsgard in 'Nosferatu' di R. Eggers

Eggers mette in scena un erotismo perverso, una carnalità ripugnante.
Un'oscura ossessione lega una giovane donna, Ellen Hutter, al vampiro che la perseguita.
Diversamente da Murnau, più in linea con Herzog, in particolar modo diventa centrale, anzi fondamentale, la figura femminile fin dall’inizio.
Ellen è un varco, inconsapevolmente, una sensitiva capace di creare connessioni con l’Altrove.
"In altri tempi saresti potuta essere una sacerdotessa di Iside!"
A causa di questa sua dote entra in contatto con un vampiro, risvegliando in lui un desiderio ardente, ‘un appetito’ che diventerà l’ossessione di averla e potersi cibare del suo sublime sangue.
“Tu sei il mio tormento” confessa il vampiro alla fanciulla.
“Tu sei la mia vergogna” risponde la fanciulla al vampiro.

Lily-Rose Depp e Bill Skarsgard in 'Nosferatu' di R. Eggers

Due creature sole che si sono incontrate nell' oceano dell' oscurità.
Tra Ellen ed Orlock si genera un legame malato destinato a spezzarsi con la morte di entrambi.
Ellen come in Murnau e, solo in parte, in Herzog è l’eroina che col suo sacrificio libererà il mondo dalla maledizione di Nosferatu ma Eggers la rende più complessa ed enigmatica.
L’amore terreno di Ellen per Thomas supererà la morte e l’orrore ultraterreno.
L’entità sovrannaturale esprime la paura di qualcosa che non rientra in una norma sociale, che va oltre il tangibile.
Il vampiro rappresenta il desiderio sessuale della ragazza represso e considerato disdicevole da una società che rinnegava completamente queste pulsioni alle donne e quando si manifestavano, erano considerate come una malattia mentale da curare e reprimere con trattamenti brutali e rovinosi ricoveri in manicomi.

Lily-Rose Depp e Emma Corrin in 'Nosferatu' di R. Eggers

Eggers crea un incanto da incubo.
Si respira un arcano spirito gotico che si fonde col folklore romeno legato agli strigoi e con scene di possessione in riferimento ad un genere horror più contemporaneo.
Un’atmosfera di languore sospesa costantemente tra sogno e realtà, sotto il sortilegio di un vampiro che ha le fattezze di un cadavere putrescente che si muove nell’ombra, trascinandosi con fatica fuori dalla sua tomba.
Un Conte Orlok inquientante in maniera diversa da quello di Murnau e di Herzog.
Si tratta pur sempre dell’immagine di un vampiro non affascinante ma respingente, però s’ispira alle autentiche sembianze di Vlad III di Valacchia, detto l'Impalatore ma mostruosamente zombizzato, spesso rannicchiato sulla sua vittima come il demone del sonno del dipinto L'incubo di Fussli.

'L'incubo' di J.H. Fussli; olio su tela; 1781; Detroit Istitute of Arts 

Eggers riesce a creare una forte tensione psicologica attraverso uno straordinario impatto visivo, allo stesso tempo soave nella magnificenza scenica e lugubre nello svolgimento dei tragici eventi ma purtroppo manca una solida rilettura personale.
Accanto ad una formidabile messa in scena colta ed impeccabile c'è una vacuità di contenuti.
Questo Nosferatu ammalia ma non appaga completamente; manca un valido ammodernamento del soggetto.
La passione e la sessualità culmina nell’orrido e nella necrofilia.

Bill Skarsgard e Lily-Rose Depp in 'Nosferatu' di R. Eggers

Come in Murnau e in Herzog il morso del vampiro non ha nulla di erotico ma è qualcosa di animalesco e disturbante, che nutre il mostro annientando la sua vittima.
Ma anche in questo Eggers si differenzia, perchè l’attacco non viene inferto sul collo ma sul petto vicino al cuore come a volerlo svuotare e divorare.
Nosferatu distrugge la coppia, la famiglia, la città fino al suo autoannientamento per ingordigia.

'Nosferatu' (2024) di Robert Eggers

Il vampiro ritornato alle sue origini leggendarie e cinematografiche  come un male primordiale e tellurico, spogliato di ogni orpello stravagante o fascinoso assegnatogli dai tanti film o romanzi che si sono susseguiti nei secoli.
Anche se va ricordato che archetipicamente il vampiro è donna, una donna  ammaliante dai poteri sovrannaturali, perfetta incarnazione della female rage.

"Non ho mai incontrato un vampiro di persona, ma chissà cosa può riservarci il futuro!"  
(Béla Lugosi)



mercoledì 30 aprile 2025

MEMENTO MORI #5: 'THE SHROUDS', di David Cronenberg

                                                                   

                                                           SPOILER

THE SHROUDS di David Cronenberg


QUANTA OSCURITA' SI PUO' ACCETTARE?
di Maddalena Marinelli

“Alla sua tomba come a tutte quelle su cui piansi, il mio dolore fu dedicato anche a quella parte di me stesso che vi era sepolta.”   (Italo Svevo)

Decomporsi, frantumarsi, svanire.
Dopo la morte ogni corpo umano è destinato ad una lenta dissoluzione, che ci fa ricongiungere ad un tutto cosmico di un perpetuo processo di creazione/distruzione che va oltre l’essere umano.
Un altro percorso, per chi ci crede, è quello dell’anima verso l'ignoto di un' altra esistenza, forse incorporea o forse in una nuova fisicità.
E poi c'è il rimanere ‘spettralmente’ nel ricordo di chi resta che deve elaborare la mancanza e mantenere viva la memoria.
Karsh ha perso sua moglie Becca da quattro anni e, non riuscendo ad elaborare il lutto è finito  all’interno di un' ossessione molto particolare e perturbante.
Lui vuole essere ancora con lei. 
Vuole, soprattutto, mantenere un legame con il corpo di Becca.
"Il corpo è realtà".
Diane Kruger in 'The Shrouds' di David Cronenberg

Sfruttando le innovazioni tecnologiche, tramite la sua società GraveTech, crea dei futuristici sudari (bozzoli) hi-tech, corredati di microcamere che permettono, attraverso un'applicazione, di vedere in tempo reale quello che non andrebbe mai visto: cosa accade dentro la tomba, sottoterra.
Karsh allevia il suo dolore penetrando con lo sguardo, giorno dopo giorno, il corpo di Becca che si decompone.
Prova conforto da questo legame diretto con la carne della sua amata sposa che si consuma.

'The Shrouds' di David Cronenberg

Lo fa diventare il suo nuovo business, creando degli esclusivi cimiteri multimedialì dove, attraverso degli schermi sulle lapidi e delle app, i familiari possono visualizzare il cadavere del loro defunto.
L’incapacità di accettare la morte come una parte naturale della vita, d'altronde, ha scatenato nell'essere umano sempre la più florida creatività o scelleratezza.

Vincent Cassel in 'The Shrouds' di David Cronenberg

Se non si crede ad una vita dopo la morte, cosa fare per restare in contatto col proprio caro estinto? 
Rimane il corpo, almeno finchè non diventa un mucchietto di polvere.
L’inizio di una nuova ritualità, un inedito culto ateo dei morti.
Una notte il cimitero viene profanato, le tombe distrutte e il sistema di monitoraggio hackerato.
Karsh indagherà per capire chi può essere il responsabile.
In un mondo interconnesso, esiste una cospirazione internazionale per la creazione di un sistema di sorveglianza globale tramite i cimiteri?
Si tratta dei russi oppure dei cinesi?
E’ colpa degli ambientalisti islandesi?
Oppure è stato un gruppo conservatore che considera deplorevole l’esistenza di tali cimiteri?
Il medico di Becca stava usando la donna, afflitta da un male incurabile,  come cavia per degli esperimenti medici? 
Il nostro inconsolabile vedovo si perderà in un ginepraio di possibili complotti, non trovando una vera risposta e probabilmente tale risposta, alla fine, sarà solo un macguffin. 
Il solito cavallo di troia cronenberghiano, che cela ben altri baratri sociali e personali.
Dal caos globale alla sofferenza più intima.

Vincent Cassel e Diane Kruger in 'The Shrouds' di David Cronenberg

Il cinema come teatro anatomico delle trasformazioni in cui il corpo è visione tangibile della fragilità e della depravazione umana.
The Shrouds è un intrigo di sapore hitchcockiano in cui Cronenberg elabora, attraverso l’atto artistico, la sofferenza per la perdita della moglie Carolyn avvenuta nel 2017.
Non a caso il protagonista è un perfetto alter ego del regista,  e l’ossessivo tema del doppio, come sempre, ritorna e nel personaggio di Becca addirittura c’è il quadruplo.
Becca è corpo in decomposizione; figura spettrale nel sogno/rimembranza/allucinazione del marito; carne viva nella sua gemella Terry; entità artificiale in Hunny.
Nel finale addirittura Becca, nella mente di Karsh, è destinata a fondersi con qualsiasi altra donna con cui l’uomo avrà una relazione.
L’ossessione ormai dirompe come un virus inarrestabile.
Tutte immagini, proiezioni, surrogati di Becca a cui Karsh decide di credere, rimanendo sospeso in un' interzona poichè ha troppa paura di guardare senza filtri la realtà.
La tecnologia migliora la vita dell’uomo oppure la opprime e la deforma?
Karsh attraverso il progresso tecnologico manipola il dolore e la morte, pensando di aver trovato un modo per superare il lutto ma in realtà tra IA che gli organizza la vita, schermi onnipresenti, auto a guida autonoma, voyeurismo funerario digitale, finisce in una dimensione estraniante da se stesso e da ciò che è reale.
In Cronenberg la tecnologia si fonde perversamente con l'essere umano creando incubi futuri o imminenti, in un' idea di sovrastazione, di potere che la macchina avrà sull’uomo che impotente non potrà far altro che adeguarsi al cambiamento, alla 'nuova carne' nel bene o nel male.
In ogni opera filmica il regista canadese ci delizia sviluppando un' idea morbosa, una nuova parafilia.
In Crash l’eccitazione sessuale era scatenata dall’adrenalina dell’incidente stradale.
In Crimes of the future il desiderio di essere tagliato e ‘aperto’ era la nuova frontiera del piacere; il massimo godimento era assistere a degli interventi chirurgici.

Vincent Cassel e Sandrine Holt in 'The Shrouds' di David Cronenberg

In The Shrouds la cospirazione è sexy; si gode pensando a tutti i possibili complotti. La sessualità si nutre di immaginazione.
La carne e la mente vengono mutilate, si riducono, si frammentano in IA, in ricordo, in sogno, in un' idea intangibile che continua a far pensare oltre la fine del film.
La visione continua ad espandersi inafferrabile.

“Il lutto è solo un'autocommiserazione prolungata. In Nuova Guinea i Pigmei tritano i loro antenati e si bevono la polvere in una birra.”
(Jon Hamm-Don Drapel in Mad Men)


mercoledì 1 gennaio 2025

IL CORPO #6 : ‘THE SUBSTANCE’, di Coralie Fargeat

                     

                                                                SPOILER

THE SUBSTANCE di Coralie Fargeat 


Storpiature fisiche e morali
di Maddalena Marinelli
 
"I mostri non sono fatti di carne e di sangue. Sono fatti solo di paura".
(Fabrizio Caramagna)

Il corpo è il nostro carceriere.
La percezione del nostro corpo è distorta dal filtro dello sguardo della società, che lo giudica secondo prestabiliti canoni di bellezza che possono cambiare nel corso del tempo sulla base di esigenze politiche, economiche, sessiste e razziste.
Apparentemente vive meglio chi corrisponde a questi canoni, ma anche riuscire a mantenerli inalterati nel tempo rappresenta un problema insostenibile.
Una lotta costante e massacrante per il raggiungimento di un ideale estetico che ci possa garantire cosa? 
Successo lavorativo? 
Essere invidiati? Essere desiderati? Essere amati?
Quello che di certo otteniamo è il diventare schiavi di un sistema consumistico che mira al controllo, al dominio, all’ omologazione, cancellando la nostra identità.
Una follia collettiva che ogni giorno scandisce la vita di uomini e donne ossessionati da una maniacale attività fisica; dall’utilizzo improprio di farmaci per dimagrire o gonfiare muscoli; da continue iniezioni di botox o di filler; da interventi di chirurgia estetica che portano a gravi deturpazioni o alla morte, per aver scelto millantatori a buon mercato.
Viviamo nello sdoppiamento di ‘chi siamo’ e di ‘chi dovremmo essere’.
Una continua ricerca di un miracoloso miglioramento esterno quando il problema è da indagare all'interno; nell’incapacità di accettarsi; nell’incapacità di accogliere gli inevitabili cambiamenti dovuti alla senilità; nell’incapacità di opporci alle regole sociali.

'The Substance' di Coralie Fargeat

Scavare dentro di noi, fino al confronto con le vere cause del nostro malessere esistenziale, fa molta più paura che martoriare la nostra carne.
La società infligge questa continua pressione, di corrispondere a determinati canoni estetici, soprattutto alle donne condizionate dall'onnipresente male gaze ad essere sempre belle per ottenere o mantenere un lavoro, un amore o per qualsivoglia esposizione sociale.
Tutte abbiamo una relazione complicata con il nostro corpo
“The Substance è un film che parla di corpi femminili.
Di come siano sempre oggetto di scrutinio, fantasie e critiche all’interno dello spazio pubblico.
Di come noi, in quanto donne, siamo portate a pensare di non avere scelta se non essere perfette/sexy/sorridenti/magre/giovani/belle per avere valore nella società.
E di quanto ci risulti impossibile sfuggire a questa logica, per quanto istruite, intelligenti e indipendenti possiamo essere.” (Coralie Fargeat, note di regia)

'The Substance' di Coralie Fargeat

La ex diva Elisabeth Sparkle, relegata a condurre un programma televisivo di aerobica, al compimento del suo cinquantesimo compleanno si ritrova licenziata, poiché ormai considerata merce scaduta da sostituire con carne fresca di una giovane donna da dare in pasto  a telespettatori arrapati e a telespettatrici ardenti d’invidia che sognano di emulare forme sempre più sode.
Alla disperazione di Elisabeth c’è un rimedio molto esclusivo ed innovativo ovvero ‘la sostanza’, una biotecnologia che permette di creare una versione migliore di se stessi.
Un alter ego più bello, più giovane, più forte.
Dalla matrice nasce per partenogenesi la copia.
Bisogna rispettare la regola dell’alternarsi ogni sette giorni ma: “Ricordati. Tu sei una!”.
Quando le norme, di questo patto mefistofelico, non verranno più seguite inizierà la discesa nella follia. 
L’artificiale si ribellerà al naturale e le conseguenze saranno devastanti, oltre ogni immaginazione.
 “Sarà un bagno di sangue. Ma farà anche sbellicare dalle risate. Perché non conosco arma migliore della satira per mostrare al mondo l’assurdità delle proprie regole.”  
(Coraline Fargeat, note di regia)

Margaret Qualley in 'The Substance'

Un alternarsi continuo di splendore e orrore.
Un body horror di sangue e budella che combina sapientemente dramma con satira.
Estremamente derivativo e denso di citazioni dal miglior horror d'autore ma allo stesso tempo mantiene intatta una propria originalità.
In The Substance lo sguardo affonda nella splendidézza o nella putrescenza della carne; in fluidi vividi e fluorescenti o rappresi in grumi nauseanti; in materia che si rigenera squarciando bozzoli o necrotizza succhiata fino al midollo.
Corpi infilzati  o ricuciti con aghi. 
Carne dilaniata, deformata, deflagrata.
Una favola splatter che diverte e disgusta.
Una potente visione disturbante, penetrante, volutamente eccessiva.
Un incentivo a cambiare la concezione di bellezza femminile in una società che promette prosperità solo in pegno di un corpo ideale da mostrare.
La Fargeat distrugge questo corpo stereotipo, lo farà letteralmente esplodere.
La seconda ondata della New French Extremity.
Visioni estreme provenienti da una nuova avanguardia di registe francesi, molto cazzute, che raccontano drammi sociali ed esistenziali odierni attraverso un body horror viscerale, cupo, epifanico.
Sulle orme della grande Claire Denis ci sono Julia Ducournau, Marina de Van, Hélène Cattet, Coralie Fargeat.
Un genere horror rinvigorito che si tinge di femminismo  e che torna ad avere un forte sottotesto politico e sociale.

Demi Moore in 'The Substance'

Vittima del male gaze, ma soprattutto vittima di se stessa, Elisabeth di The Substance è una protagonista emblematica dei nostri tempi.
Una donna priva di ‘sostanza’. Un involucro vuoto.
Senza la sua bellezza è il nulla.
Ha basato la sua esistenza unicamente sulla vacuità e sull’avvenenza fisica confondendo l’ammirazione, l’adorazione del pubblico per amore, ma in realtà è sola, incapace di avere un autentico legame affettivo.
Così si odia e si distrugge, inseguendo quel simulacro unico scopo di una vita arida ed effimera.

'The Neon Demon' (2016) di Nicolas Winding Refn

Un dramma legato a quell’esigenza sociale di essere belle, perfette, sempre giovani, come l’eterea aspirante modella Jesse di The Neon Demon, invidiata dalle sue colleghe poiché considerata più bella e una rivale pericolosa 
Essere ammirata da tutti è tutto.
Non basta eliminare Jesse, per possedere quel suo splendore è necessario divorare la sua carne e bagnarsi nel suo sangue, come usava fare la celebre contessa Erzsébet Bathory, che uccideva e dissanguava vergini adolescenti convinta di aver trovato il suo elisir di eterna giovinezza.

Demi Moore e Margaret Qualley in 'The Substance'

La rivalità tra donne. Eva contro Eva.
Invece di unirsi, per un cambiamento a beneficio comune, succede che le donne si mettono una contro l'altra per vanità e antagonismo.
La frase chiave di The Substance: "Ricordati che tu sei una" è un' esortazione alla complicità femminile. 
Non più nemiche.
L'altra sei tu. 
Ricordati che le azioni riprovevoli che fai alle altre donne, le fai anche a te stessa.
Non renderti più complice  di quel sistema che calpesta anche te.


'The Fly' (1986) di David Cronenberg

Il sogno di cambiare il proprio corpo che poi diventa l’incubo di un corpo trasformato, in cui non ci si riconosce più e l’identità si sfalda.
Un tema caro a Cronenberg, pioniere del body horror, che di corpi mutati ne ha raccontati tanti, tra straordinarietà e orripilanza.
La mutazione della carne come metafora di una trasformazione interiore.
In Cronenberg il progresso scientifico, associato all’arroganza umana a quell’implacabile impulso di oltrepassare i limiti e gli equilibri, conduce alla mostruosità, al disastro, alla perdita dell’umanità.
In La mosca lo scienziato Seth Brundle in un esperimento di teletrasporto, incautamente praticato su se stesso, mischia il suo DNA con quello di una mosca presente accidentalmente nella telecapsula.
Inizialmente questa fusione produce effetti positivi sull’uomo che si sente più forte, vigoroso e sicuro di sé ma lo sviluppo successivo della mutazione lo rende un essere mostruoso, un agglomerato aberrante.
Elisabeth Sparkle come Seth Brundle si è affidata alla scienza usandola per soddisfare il proprio ego, ignorando i pericoli, oltrepassando i limiti, perdendo se stessa.
La crudeltà della società genera mostri?

'Carrie' (1976) di Brian De Palma

In Carrie un’adolescente introversa, continuamente vessata dalle bulle della scuola e repressa da una madre fanatica religiosa, scatena tutta la sua rabbia e frustrazione nella sua dote di telecinesi, trasfigurandosi in una specie di demone sanguinario. 
Questa implacabile Carrie dallo sguardo di Satana, compirà una strage durante la serata del ballo scolastico trasformandolo in un bagno di sangue collettivo, come accadrà nella serata di Capodanno in The Substance, quando il Monstro Elisasue salirà sul palco e la perfidia sociale si scatenerà. 

'Society' (1989) di Brian Yuzna

In Society la buona società, la classe dirigente americana, cela un’identità di viscidi mutanti cannibali che decide chi vive e chi muore divorato.
I ricchi si sono sempre nutriti dei poveri.
Metafora del conflitto e del divario tra le classi sociali, dell’edonismo sfrenato, dei pericoli dell’omologazione a cui anche la Fargeat fa riferimento in The Substance, omaggiando tutta la putrescenza di questo cult di Yuzna, decisamente, ancora molto attuale.

'The Elephant man' (1980) di David Lynch

In The Elephant Man John Merrick viene sfruttato e deriso come fenomeno da baraccone.
A causa della sua malformazione fisica è rifiutato dalla società che associa la malvagità a quell’aspetto deforme.
La gente ha paura di quel corpo ‘diverso’ considerandolo mostruoso.
Quando John si ritrova linciato dalla gente, che spaventata dal suo aspetto lo giudica un pericolo, a salvarlo, a ridestare il buon senso, la pietà di persone accecate da pregiudizi, superstizioni e ignoranza è la sua voce.
John parla, spiega che lui è un essere umano, un uomo come loro e la folla si placa.
Questo barlume di speranza verso un moto di empatia, ascolto e accoglienza dell’altro, Coralie Fargeat lo annienta nella scena in cui il Monstro Elisasue si presenta al suo pubblico in sembianza ormai deformata a causa dell’incauto utilizzo della sostanza.

'The Substance' di Coralie Fargeat

La bellissima ex diva, diventata un magma di carne dai connotati scombinati non si vergogna e vuole mostrarsi in scena.
Davanti ad un pubblico inorridito e poi inferocito, prova a spiegare ma quella voce non viene  ascoltata e prevarica la violenza, l’annientamento di quella bruttura inaccettabile per una società assuefatta ad una idea di bellezza preordinata. 
Non puoi avere un corpo non conforme.
L'attrice sbrandellata ma ancora ingabbiata nello sguardo dell'altro, in quella sua immagine idealizzata, regala un ultimo grottesco sorriso al suo pubblico sopra la stella, che reca il suo nome, sulla Hollywood Walk of Fame.
Infine, quello che resta viene eliminato e ripulito.






giovedì 15 agosto 2024

‘BABY REINDEER’, di Richard Gadd

                                                               SPOILER                                        

BABY REINDEER visibile su Netflix

Nella profonda tana della piccola renna
di Maddalena Marinelli

Donny e Martha.
Vittima e carnefice o due facce della stessa medaglia?
Di solito si empatizza con la vittima ma capita di provare a capire il punto di vista del carnefice, probabilmente perché nella sfera emotiva di ognuno di noi coesistono luci e ombre.
A tutti un giorno può accadere qualcosa di terribile che può trascinarci in un abisso, oscurando la nostra luce, cercando solo distruzione o autodistruzione.
Quando il male non viene elaborato si amplifica e pretende altro male,
Un trauma non metabolizzato, rimasto irrisolto è come una ferita aperta che attira altri ‘segnati’, esponendoci a ulteriori abusi.
Questo è quello che accade all'aspirante comico Donny quando conosce l'avvocatessa disoccupata Martha.
Donny permetterà a Martha di leccare la sua ferita infettandola ancora di più.
La donna svilupperà un’ ossessione per il ragazzo, perseguitandolo con centinaia di email, appostamenti, imponendogli la sua presenza ovunque fino ai soprusi fisici e psicologici, rivolti non solo a lui ma anche a tutta la sua cerchia di amici e parenti.
Martha quindi è decisamente spregevole ma allo stesso tempo fragile e questa fragilità, mescolata alle continue adulazioni, inducono Donny a tollerare questa stalker, decidendo di non prendere tempestivi provvedimenti.

Richard Gadd e Jessica Gunning in 'Baby Reindeer'

Le attenzioni di Martha, seppur malate, lo attirano morbosamente in un continuo alternarsi tra il desiderio di assecondare e la consapevolezza di bloccare questa follia che, inevitabilmente, degenererà in un grave pericolo.
Perché preoccuparsi di non ferire Martha? Perché accettare la sua richiesta di amicizia su FB? Perché non denunciarla subito alla polizia?
Scopriamo che nel passato di Donny è celato un trauma.
Darrien, un famoso sceneggiatore, lo aveva avvicinato durante il Festival di Edimburgo e con il pretesto di una possibile collaborazione ad uno show televisivo, aveva abusato di lui durante i blackout indotti da continue assunzioni di droghe, che avevano lo scopo di stordire e far perdere i sensi al ragazzo per renderlo inerme e offuscargli la memoria.
Donny non solo non era riuscito a denunciare l’accaduto ma per diversi mesi aveva continuato a subire tali soprusi consciamente.
Tutto questo lo aveva distrutto, provocando una perdita d’identità e di autostima. 
Vergogna, rabbia, problemi relazionali. Ormai odiava se stesso.
Non affrontando l’accaduto con un’adeguata terapia e con una denuncia, che avrebbe potuto portare ad una giusta pena detentiva il suo aggressore, Donny lascerà una pericolosa porta aperta su un baratro.
Martha entrerà da questa porta, scaverà in questa voragine con caparbietà, bombarbando sulle rimanenti macerie.
Adesso come salvarsi?
L’ aspirante stand up comedian decide di raccontare tutto sul palco, processando gli abusi subiti attraverso una catarsi artistica.
Parallelamente Martha subirà un processo e una condanna detentiva.
Tutto questo può bastare ad aggiustare le cose in Donny?
Bisognerà imparare a convivere con le ombre e a non farsi sopraffare da loro.

Richard Gadd in 'Baby Reindeer'

Questa è una storia vera.
L'autore nonchè attore protagonista Richard Gadd ha vissuto realmente tutto quello che viene riportato nella miniserie Baby Reindeer che inizialmente nasce come opera teatrale; l'omonimo one man show di Gadd risalente a qualche anno fa.
Puntata dopo puntata Baby Reindeer scuote l’animo, è disturbante, fa male.
Affronta in maniera cruda e autentica tematiche molto forti e complesse da analizzare, come il rapporto tra vittima e carnefice e la vulnerabilità,  a cui siamo esposti, dopo aver subito un trauma psicologico lasciato in un limbo insoluto.
Una serie allo stesso tempo drammatica e sarcastica che si basa su una magnifica scrittura e sull’intensità delle interpretazioni di Richard Gadd e soprattutto quella di Jessica Gunning che evoca memorabili ammiratrici psicopatiche come la Annie Wilkes di Misery non deve morire e la Marsha di Re per una notte.
Martha è una stalker recidiva, una donna che si porta dentro  tanta sofferenza e una solitudine a cui è condannata a vita, a causa della sua psicopatia.
Vuole essere importante per qualcuno, altrimenti per lei è come non esistere. La sua è una ricerca ossessiva di una persona speciale da divorare.

Jessica Gunning in 'Baby Reindeer'

Donny è la preda perfetta, poiché ancora devastato da un precedente abuso e Martha ha la capacità di intuirlo subito: ‘ Qualcuno in passato ti ha fatto del male. Chi è stato? Dimmelo piccola renna!’
Una persecuzione che non lascerà scampo ma, allo stesso tempo, pare che Donny non ne possa fare a meno.
Elogiata dal maestro del terrore Stephen King la serie Baby Reindeer riesce a scatenare nello spettatore un’ emozione ormai quasi sconosciuta, dimenticata nel nostro vivere quotidiano: l'empatia.
Empatia per Donny e, incredibilmente, anche per Martha perchè ci si specchia in entrambi.
Un’autoanalisi, un utilizzo dell’arte come terapia, una sovrapposizione tra finzione e realtà.
Il reale personale trauma di Richard Gadd.
La finzione, ovvero, la trasposizione di tali fatti nella serie Baby Reindeer.
Il circo mediatico; la risposta morbosa del pubblico attraverso la realtà virtuale, in cui è partita una caccia per scoprire chi poteva corrispondere nella vita reale a Martha e Darrier, per poi stalkerizzare e insultare i presunti colpevoli individuati inducendoli a denunciare Richard Gadd.
Così l'importanza e la profondità delle tematiche trattate dalla serie vengono annientate. L'esortazione a tutte le vittime di denunciare gli abusi subiti viene vanificata a causa di tali stoltezze.
Come ci dimostra Gadd, nel finale di Baby Reindeer, tutti possiamo avere ruoli intercambiabili.